le indagini
Taranto, ai domiciliari accoglie il killer in casa dopo il far west ai Tamburi: Russo torna in cella
Poco dopo il conflitto a fuoco del 16 luglio scorso, Michele Caforio, accusato dell'omicidio di Carmelo Nigro ha cercato rifugio nell'appartamento di via Berardi: a Russo ha raccontano cosa era successo
Era agli arresti domiciliari, ma ha accolto in casa il killer delle case parcheggio. È questa la ragione per la quale Francesco Russo, 33enne tarantino è tornato in carcere. Stando a quanto ricostruito dagli agenti della Squadra mobile di Taranto, infatti, poco dopo il conflitto a fuoco del 16 luglio scorso, Michele Caforio, accusato dell'omicidio di Carmelo Nigro (che aveva sparato al fratello indagato, Piero morto alcuni giorni dopo) e del tentato omicidio del figlio di quest'ultimo, ha cercato rifugio nell'appartamento di via Berardi in cui Russo era, come detto, agli arresti domiciliari e quindi gli era negata la possibilità di vedere altre persone.
Proprio a Russo, inoltre, Caforio ha confessato quello che era accaduto proprio prima: non solo la sequenza dei fatti e le sue sensazioni in quei frangenti, ma anche il movente legato all'umiliazione che il gruppo legato a Nigro avrebbe compiuto nei confronti della famiglia Caforio: a bordo di scooter e armi in pugno si sarebbe presentati sotto casa lanciando insulti e offese al prestigio criminale definendoli «falliti» o addirittura «morti».
Il racconto di Caforio a Russo era giunto poco dopo lo scontro a fuoco che era scaturito da quelle parole e ha compromesso la possibilità per quest'ultimo di restare fuori dalla cella.
Russo infatti è stato condannato a oltre 6 anni di carcere in secondo grado dopo il coinvolgimento nell'inchiesta su un altro far west avvenuto a Paolo VI a febbraio 2022. In quell’occasione l’inchiesta ha ricostruito come, nel rione a nord della città, nel giro di poche ore, si contarono ben tre sparatorie e un conflitto a fuoco in pieno giorno.
Anche in quel caso la faida criminale a colpi di pistola era cominciata con le voci che sfregiavano l’onore di un boss detenuto: questioni familiari diventate in breve questione di prestigio criminale da punire col sangue.
Il primo a farne le spese fu proprio Russo, accusato di aver amplificato quelle voci: malmenato decise di vendicarsi dell’affronto subìto esplose colpi di pistola contro la casa del suo aggressore scatendo la vendetta che trovò il suo apice nel conflitto sulla statale 172 dove solo per miracolo non ci furono morti né feriti.
Nel provvedimento che riporta Russo in carcere la corte d'appello di Taranto ha chiarito che l'uomo non ha rispettato gli obblighi imposti dalla legge dimostrando che i domiciliari non sono nel suo caso sufficienti: i poliziotti, nei giorni scorsi, lo hanno quindi prelevato e condotto nell’istituto penitenziario.