le indagini
Taranto, il Far West ai Tamburi: per Caforio riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso dopo la sparatoria
Il gip: «l’azione plateale, tracotante, a volto scoperto, manifesta il senso di impunità; un simile modo d’agire è normalmente tipico di consorterie criminali, consce dell’altrui omertà»
«Deve evidenziarsi che il gruppo facente capo al Nigro giungeva armato (secondo l’indagato) di tre pistole e che si muoveva contro gli antagonisti nella pubblica piazza sotto gli occhi di decine di persone, nessuna delle quali ha inteso collaborare alle indagini, a riprova (anche a posteriori) della pericolosità e della capacità intimidatrice dei protagonisti dello scontro». È quanto ha scritto il gip Giovanni Caroli nell’ordinanza con cui ha confermato il carcere per Michele Caforio, 35enne tarantino raggiunto dai falchi della Mobile – guidati dal vice questore Luigi Vessio - mentre tentava di raggiungere il terrazzo per scampare all’arresto. Il 35enne è accusato infatti di aver ucciso il 45enne Carmelo Nigro e di aver sparato e ferito il figlio 20enne Michael Pio Nigro mercoledì sera al rione Tamburi. Il giudice Caroli ha riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso contestata dal pm Salvatore Colella della procura ionica e dal pm dell’Antimafia di Lecce Milto De Nozza. Nelle 14 pagine dell’ordinanza il gip Caroli spiega infatti che «l’azione plateale, tracotante, a volto scoperto, manifesta il senso di impunità; un simile modo d’agire è normalmente tipico di consorterie criminali, consce dell’altrui omertà».
Per questo, il magistrato ha trasmesso gli atti al tribunale di Lecce che nella fase preliminare delle indagini è competente sulle attività dell’Antimafia. Accompagnato dai suoi difensori, gli avvocati Pasquale Blasi e Franz Pesare, Caforio ha raccontato una versione di quella notte che il gip Caroli ha definito «reticente» e «contraddittoria».
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