il caso

Taranto, nella maxi inchiesta su pedopornografia indagato anche un tarantino

ALESSANDRA CANNETIELLO FRANCESCO CASULA

Notificato un avviso di garanzia a un 48enne di Martina Franca

C’è anche un tarantino nelle decine di indagati della maxi inchiesta della Polizia Postale contro la pedopornografia in Italia. Si tratta di un 48enne di Martina Franca ai quali ieri gli investigatori hanno notificato un avviso di garanzia e un decreto di perquisizione e sequestro: gli agenti hanno infatti sequestrati lo smartphone dell’uomo insieme con computer e tablet su cui, secondo l’accusa potrebbero essere conservati foto e video di minori costretti a subire atti sessuali.

L’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore etneo Anna Trichillo che ha contestato nei confronti del tarantino, assistito dall’avvocato Alessandra Semeraro, l’articolo 600 quater del codice penale che punisce la detenzione o l’accesso a piattaforme con contenuti pedopornografici. Le verifiche sullo smartphone di proprietà dell’indagato hanno fornito un riscontro positivo con l’individuazione di due account dell’applicazione Whatsapp abbinati all’utenza telefonica utilizzata dal 48enne, che gli agenti hanno ritenuto utile ai fini del prosieguo delle indagini. Al momento, però, su nessuno dei dispositivi analizzati risultano essere presenti immagini o materiale di natura pedopornografica.

Le perquisizioni disposte dai magistrati catanesi, che hanno avviato l’indagine nel 2024, sembrerebbero essere la conseguenza di un arresto avvenuto il 13 gennaio scorso, quando nella rete degli investigatori del Centro Operativo di Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale, è finito un uomo di 43 anni, residente a Catania e imprenditore, trovato in possesso di materiale pedopornografico. Quell’arresto era il frutto di una attività investigativa svolta dal «Cosc» di Catania, e in particolare da monitoraggi della rete finalizzati al contrasto della pornografia minorile. In quella occasione – secondo quanto riporta la Tgr Sicilia - furono centinaia le immagini e i video di pornografia minorile, con vittime in età infantile, rinvenuti nel corso della perquisizione informatica.

Il materiale fu sequestrato per un’approfondita analisi investigativa: fonti investigative non escludono che l’analisi dei dispositivi elettronici sequestrati al 43enne potrebbe aver offerto ai poliziotti una serie di conferme a quanto l’indagine aveva già permesso di individuare. In sostanza sul pc e sui telefoni, gli investigatori potrebbero aver trovato tracce di scambio di materiali foto e video illegali e attraverso gli indirizzi «Ip», i numeri di cellulare e gli indirizzi mail, gli inquirenti potrebbero aver ricostruito la ragnatela che toccava diverse parti d’Italia.

E così sulla base di quegli elementi e di altri riscontri, sarebbero poi partite le attività delegate ai poliziotti in numerose province del territorio nazionale.

Attività che arrivano a distanza di sole 24 ore dai 7 arresti effettuati in Lazio: si tratta di sette uomini, residenti a Roma e provincia, arrestati dai poliziotti per detenzione e divulgazione di ingente quantitativo di materiale pedopornografico. Gli indagati, tra i 50 e 60 anni, erano uomini insospettabili: operai, tecnici informatici in un noto ospedale, un impiegato di un istituto bancario della Capitale, un volontario in una casa-famiglia e un ex amministratore di condominio. Quest’ultimo, in particolare, era in possesso di oltre 150mila file, collezionati e catalogati da oltre 10 anni. Quest’ultima indagine, condotta anche sotto copertura dagli operatori della Polizia postale, anche in questo caso ha permesso di risalire agli indirizzi Ip, localizzando i dispositivi con il materiale pedopornografico.

Al momento dell’esecuzione dei provvedimenti di perquisizione informatica i device erano accesi e i 7 uomini arrestati sono stati colti in flagranza di reato.

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