Sanità

Neonatologia a rischio a Taranto: l’Asl valuta il concorso

Valentina Castellaneta

L’azienda sanitaria alla ricerca di medici per salvare l’Utin

TARANTO - Un concorso per cercare di salvare l’Utin, la Terapia intensiva neonatale del Santissima Annunziata. Tra le ipotesi che la direzione dell’Asl di Taranto sta pensando di adottare per trovare nuovi neonatologi ci sarebbe anche questa.

A dicembre, infatti, dovrebbe essere indetto un concorso a Lecce e le graduatorie potrebbero essere utilizzate anche per rimpinguare l’ospedale di Taranto.

«L’Unità di Terapia Intensiva Neonatale – ha scritto l’Asl in una nota stampa - prosegue l’attività assistenziale. La direzione strategica è impegnata a garantire ogni azione necessaria per il buon funzionamento della struttura, grazie alla consolidata collaborazione con l’Università degli Studi di Bari e anche con la Asl Bari». Un comunicato in risposta dell’intervista che il neonatologo Giovanni Ciraci ha rilasciato alla Gazzetta, dopo aver affidato ai social una lettera aperta a politici e cittadinanza, in cui raccontava le sue preoccupazioni per un reparto tanto delicato.

Quello di Taranto è il secondo centro in Puglia per numero di bambini nati, circa 2mila l’anno. I dottori che ci lavorano si occupano del bambino dal suo primo vagito e oltre all’Utin, gestiscono il reparto di Neonatologia e il Nido. Un sistema che per sopravvivere avrebbe bisogno di 14 medici, ma i neonatologi che ci lavorano sono solamente 7, compresa la primaria Lucrezia De Cosmo che è entrata nella turnazione per garantire il servizio. Fra poco, però, resteranno in 3: i medici sono stanchi per il troppo lavoro in un reparto frenetico e piano piano vanno via. In quattro infatti avrebbero annunciato le dimissioni per diverse ragioni, ma tutti sono accomunati dalla volontà e dal bisogno di cercare una vita più serena.

Quella del neonatologo è una specializzazione d’urgenza, come la rianimazione e il medico di pronto soccorso. Contempla dei sacrifici di cui i medici sono consapevoli, ma la mancanza di personale aggrava lo stress. Quella che Ciraci ha raccontato alla Gazzetta è una situazione ingestibile fatta di doppie guardie, di notti e reperibilità. «Noi – ha spiegato il medico - curiamo i neonati in terapia intensiva. Bambini che hanno bisogno di assistenza continua. Non si riesce più a gestire questa situazione nonostante l’impegno del primario. Se poi andranno via i 4 colleghi che hanno annunciato le dimissioni, non credo che riusciremo a tenere in vita neanche quello».

Se l’Unità intensiva dovesse chiudere, i bimbi con patologie dovranno essere trasferiti a Bari, Lecce o Foggia, così come le mamme con gravidanza a rischio.

In queste ore si sono susseguite diverse reazioni all’appello di Ciraci. Dopo il consigliere regionale e comunale di Forza Italia, Massimilaino Di Cuia, anche il commissario cittadino dell’Udc, Francesco D’Errico, le responsabilità sono da implicare alle politiche regionali del presidente Michele Emiliano. «La fuga dei medici – scrive in un comunicato - dal servizio sanitario pubblico, che va detto riguarda comunque tutto il territorio nazionale, non dipende solo dalle migliori offerte economiche, ma soprattutto dalle condizioni in cui i medici sono costretti a lavorare. In Puglia questo fenomeno sembra essere più marcato. L’auspicio è che si possa individuare una pronta soluzione per evitare l’ennesimo schiaffo alla già provata città di Taranto. Oltre 20 anni di governi regionali di sinistra - ha infine concluso D?Errico nella sua nota - hanno prodotto un disastro totale, soprattutto in ambito sanitario. Per fortuna siamo ai titoli di coda».

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