la sentenza

Taranto, calciatore 19enne morì nell’incidente: dopo quasi 10 anni condanna in appello

francesco casula

In primo grado il conducente dell’auto era stato assolto dall’accusa di omicidio colposo ma ora risponde di omicidio stradale

Omicidio stradale. Colpo di scena al processo di secondo grado per l’incidente mortale che il 24 maggio 2014 costò la vita a al giovane calciatore Walter Litti: la Corte d'appello di Taranto ha infatti ribaltato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado e condannato a un anno di carcere il conducente della Ford Focus che, secondo l'accusa, eseguì una manovra che causò il tragico impatto.

Nel verdetto emesso nei giorni scorsi a distanza di quasi dieci dai fatti, il collegio presieduto dal giudice Antonio Del Coco ha sancito il ritiro della patente per l'imputato difeso dall'avvocato Mimmo Lardiello, e lo ha condannato anche al risarcimento nei confronti dei familiari costituiti parte civile nel processo attraverso gli avvocati Adelaide Uva e Viola Mastronardi. Sarà un processo civile a quantificare l'ammontare del risarcimento che l'imputato e la compagnia assicurativa dovranno versare ai familiari del 19enne: gli avvocati Uva e Mastronardi hanno però ottenuto che in attesa del procedimento civile, vengano versati 20mila euro per ciascun familiare come provvisionale immediatamente esecutiva.

La sentenza di ieri è stato un nuovo capitolo di un iter giudiziario particolarmente lungo e complesso.

Tutto comincia il 24 maggio 2014 in via Ancona nei pressi dello stadio «Iacovone»: Litti, il 19enne tarantino Walter Litti, calciatore in forza nella stagione sportiva prima al Virtus Francavilla Fontana (fino a dicembre 2014) e poi al Leporano nel campionato di Eccellenza dopo anni nel settore giovanile del Taranto, era a bordo del suo scooter e, secondo l’ccusa della procura, una Ford Focus avrebbe improvvisamente effettuato una manovra impattando con il motorino.

Il giovane sarebbe stato sbalzato sulla carreggiata opposta e investito dalle auto che procedevano nell’opposto senso di marcia. Nemmeno il casco, correttamente indossato dal giovane dal 19enne, lo salvò da quel tragico scontro.

Per due volte, la procura, al termine dell'indagine aveva chiesto l'archiviazione del reato di omicidio colposo, ma il gip ha prima disposto nuove indagini e poi ordinato l'imputazione coatta. I il processo di primo grado, però, si è concluso come detto con l'assoluzione dell'imputato. Il pubblico ministero Antonio Natale e gli avvocati della famiglia hanno però presentato appello e nel corso del processo di secondo grado sono riusciti a dimostrare che la manovra del conducente fu una concausa di quella tragedia.

La corte, nel dispositivo, ha infatti specificato che vi sarebbe stato una sorta di concorso di colpa in parte imputabile anche alla vittima. Bisognerà ora attendere il deposito delle motivazioni, che avverrà nelle prossime settimane, per comprendere quali siano stati gli elementi che hanno spinto i giudici a emettere questa sentenza: sulla base di quelle motivazioni le parti dovranno poi valutare se impugnare o meno la sentenza dinanzi alla corte di Cassazione.

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