i nodi dell'acciaio
Il Governo non risponde, ex Ilva verso il blocco
Imprese e lavoratori si preparano a una protesta «plateale». Autotrasportatori inferociti dopo i preavvisi di fermo amministrativo dell’Agenzia di Riscossione
TARANTO - Lo stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto rischia il blocco. Se entro dopodomani non arriveranno risposte concrete dal Governo e dall’amministrazione straordinaria, le imprese dell’indotto manifesteranno in maniera plateale e tangibile il loro malcontento.
«Il ministro Urso ha dichiarato che per l’ex Ilva c’è un clima nuovo e che siamo sulla strada giusta. Ne prendiamo atto, anche se riteniamo che la strada indicata dal ministro, probabilmente, non si incrocia con quella delle aziende dell’indotto» dice Fabio Greco, presidente di Aigi, a cui aderisce l’80% delle imprese dell’indotto ex Ilva. «Siamo ancora in attesa - aggiunge - della convocazione di un tavolo tecnico con il governo al fine di poter risolvere l’intricata questione legata ai crediti pregressi. Non solo non abbiamo notizie al riguardo, ma non sono nemmeno state adottate misure che possano congelare tutti gli adempimenti utili al fine della certificazione della regolarità fiscale e contributiva». Solo la regolarizzazione del Durc (documento unico di regolarità contributiva), fa rilevare il presidente di Aigi, può «consentire alle imprese almeno di poter partecipare a gare d’appalto per iniziare una diversificazione aziendale che al contrario non sarebbe possibile in quanto adempimento indispensabile. Scadenze che le aziende non saranno nelle condizioni di poter rispettare compromettendo irrimediabilmente il loro stesso futuro». L’associazione datoriale attende un confronto con la terna di commissari di Adi in As. «Apprendiamo, inoltre, che nelle prossime ore - osserva Greco - è previsto un vertice ministeriale con i tecnici di Sace finalizzato a tracciare il percorso tecnico-burocratico inerente le passività vantate dalle nostre aziende. Aigi auspica la convocazione di questo tanto atteso tavolo - avverte - entro venerdì prossimo. Se ciò non avverrà prenderemo atto che sarà venuta a mancare ogni forma di interlocuzione istituzionale».
Sul piede di guerra sono anche gli autotrasportatori dell’indotto ex Ilva che negli ultimi giorni hanno ricevuto i preavvisi di fermo amministrativo dall’Agenzia della riscossione, reintrodotto dopo il periodo di sospensione dovuto alla pandemia. «Gli autotrasportatori sembrerebbero perseguitati dalle scadenze, nonostante non siano ancora stati saldati i crediti delle prestazioni lavorative del 2023» dice Stefano Castronuovo, coordinatore di Casartigiani Puglia, che spiega come le mancate riscossioni si riferiscano «al periodo successivo al 2015, anno in cui gli autotrasportatori non hanno incassato le fatture in quanto l’azienda fu posta in amministrazione straordinaria. In quello stesso periodo gli autotrasportatori non sono riusciti a pagare l’Iva e le altre imposte, che a oggi, risultano delle cartelle sospese e di cui l’Agenzia delle entrate pretende i pagamenti pregressi, attraverso il fermo amministrativo». Casartigiani chiede «che venga posticipato il pagamento di queste cartelle fino a quando non verranno saldati tutti i crediti attesi e maturati dagli autotrasportatori. Pagamenti di diritto che reclamiamo a gran voce da diversi mesi e nessuno, tra governo e azienda, pare voglia ascoltare». Le aziende, conclude Castronuovo, «si sentono perseguitate da chi non ha saputo tutelarle. Sono prostrate dalle tante scadenze economiche. Per una buona volta, ci si metta nei panni degli operatori coinvolti e si trovi una soluzione».
Di tutt’altro tono le dichiarazioni del ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto ieri all’assemblea di Unindustria. «Siamo riusciti a riprendere in mano il destino dell’acciaio nel nostro Paese e dell’ex Ilva. Siamo convinti che si possa vincere la sfida: abbiamo intenzione di rilanciare il sito produttivo e poi di consegnarlo a quegli investitori che intendono davvero investire nella siderurgia italiana, nella piena consapevolezza che la filiera del futuro, quella a tecnologia green, passa dal Mediterraneo e che il Paese ideale in cui investire è l’Italia».
Ieri la Camera ha esaminatao l’ultimo decreto salva Ilva, provvedimento ancora divisivo. Leonardo Donno, deputato e coordinatore pugliese del Movimento 5 Stelle chiede se «nel diario di Giorgia c’è un spazio per il dossier Ilva, o dei cittadini di Taranto alla presidente Meloni non interessa nulla? Questa è una domanda alla quale vorremo una risposta». Vito De Palma, deputato e coordinatore per la provincia di Taranto di Forza Italia «Con questo provvedimento l’Italia riprende l’iniziativa su Taranto e lo fa in un momento cruciale non soltanto per lo stabilimento pugliese, ma anche per tutta la produzione di acciaio italiana, con un intervento che incide sotto il profilo non soltanto economico e produttivo, ma anche geopolitico. In particolar modo il provvedimento guarda alla riconversione industriale verso l’acciaio green. Oggi la produzione è ai minimi termini con meno di 3 milioni di tonnellate, quando il punto di pareggio dovrebbe essere a sei milioni di tonnellate. Ma oltre al polo industriale strategico noi intendiamo difendere i 20.000 lavoratori che vivono degli stipendi di Ilva, le imprese dell'indotto - ha concluso l’esponente forzista - e il futuro dei territori interessati dal punto di vista della tutela dell'ambiente, della salute e della sanità pubblica».