I nodi del siderurgico
Ex Ilva: il governo cerca partner, prime interlocuzioni con i privati
Tensione a Taranto, cortei e blocchi. Crediti per 120 milioni
TARANTO - Il governo prepara la fase due. Apre il confronto anche con l’indotto mentre di fatto si ragiona sul commissariamento di Acciaierie d’Italia. Ma, con l’obiettivo di salvaguardare occupazione e produzione, ha già avviato uno 'scouting' per trovare nuovi soci privati.
«Le interlocuzioni sono già iniziate» ha annunciato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che nei giorni scorsi ha incontrato a Palazzo Piacentini il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, e il presidente del gruppo Danieli, Gianpietro Benedetti, per un confronto sul Piano siderurgico nazionale. Ma da giorni circolano nomi importanti: da Vulcan Green Steel a Metinvest, fino agli italiani del settore con capacità di intervento come Arvedi, Acciaierie Venete e gruppo Marcegaglia.
La partita per garantire un futuro ad Acciaierie d’Italia si articola su diversi fronti: legale, finanziario ma anche sociale. «Evitare un nuovo 2015» è il mantra delle associazioni che rappresentano i fornitori e l’indotto di Acciaierie d’Italia spaventate dalla prospettiva, sempre più concreta, di amministrazione straordinaria. La paura è che si ripeta lo scenario di nove anni fa, quando il commissariamento dell’allora Ilva mandò in fumo 150 milioni di crediti. Anche oggi traballano cifre importanti: 120 milioni secondo le organizzazioni.
Rassicurazioni sono arrivate dal ministro Urso che dopo un confronto con l’indotto, al quale ha partecipato anche la ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha aperto a possibili miglioramenti del decreto varato dal governo, il cui esame inizierà in Senato. «Terremo conto - ha spiegato Urso - delle esigenze che emergeranno per sostenere le imprese dell’indotto e i loro lavoratori, oltre che per l’utilizzo della cassa integrazione per quelle aziende che oggi, a norma di legge, non ne possono usufruire».
In mattinata a Taranto è stata l’Aigi, a cui aderisce l’80% delle imprese che lavorano con l’ex Ilva, ad alzare il livello della protesta con un corteo, temporanei blocchi stradali e rallentamenti al traffico. In serata l’associazione ha annunciato la rimozione dei blocchi «in attesa di adottare nuove e clamorose iniziative di protesta», sostenendo come nell’incontro con i ministri Urso e Calderone non ci sia stata "nessuna garanzia sui crediti esigibili dalle aziende dell’indotto».
Il dossier alimenta la dialettica politica. Per la segretaria del Pd, Elly Schlein, serve «aumentare la partecipazione pubblica, assumere il controllo strategico e assicurare l'occupazione». Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha parlato di «tavolo aperto a tutto» con «obiettivo primario la salvaguardia occupazionale». No all’acciaio di Stato invece dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: «Lo abbiamo già avuto ed è fallito».
Ma c'è anche il fronte europeo. Una portavoce della Commissione Ue, interpellata sull'ipotesi di prestito ponte da 320 milioni ad Acciaierie, ha puntualizzato che «spetta a uno Stato membro valutare se una misura specifica comporta aiuti di Stato» e, in questo caso, «deve essere notificata alla Commissione per la valutazione preventiva di qualsiasi concessione di aiuti».
Il prestito statale sarebbe condizione essenziale per tenere in vita gli stabilimenti e far fronte a una crisi che è anche specchio di tante altre: secondo la Cgil sono 183.193 i lavoratori coinvolti in crisi aziendali o di settore, nel comparto dell’industria e delle reti, tra i tavoli aperti al Mimit e quelli regionali.