Scontro Invitalia - Acciaierie d'Italia sul futuro dell'ex Ilva
I sindacati: «L'incontro a Palazzo Chigi del 7 novembre sia decisivo»
ROMA - «La comunicazione di Acciaierie d’Italia Holding in oggetto, di riscontro alle due di Invitalia del 12 ottobre 2023, dimostra purtroppo, per l’ennesima volta, il grave difetto di disponibilità e collaborazione nei confronti della nostra società e la ancor più grave mancata conformità alle pattuizioni contrattuali». Comincia così la lettera di quattro pagine, datata 23 ottobre, inviata ai vertici di Acciaierie d’Italia, con in copia Arcelor Mittal, a firma dell’amministratore delegato di Invitalia, Bernardo Mattarella, in cui vengono elencate una serie di richieste, in alcuni casi reiterate, relative al mancato rispetto degli accordi tra le parti, sul destino dell’ex-Ilva di Taranto.
Al primo punto Mattarella chiede «chiarimenti» ad Acciaierie e lamenta «risposte soltanto parziali» e accusa di aver «omesso di fornire ad Invitalia tutte le informazioni utili a consentirle, «la corretta valutazione circa il possibile esercizio dei propri dirittì» sul contratto di finanziamento in conto soci del 14 febbraio 2023. Lamenta inoltre la mancanza di "aggiornamento» sul piano di produzione di acciaio e sulla cassa "necessaria" per far fronte all’impegno preso di 4 milioni di tonnellate di acciaio. A fronte della «delicata situazione corrente», Invitalia addirittura chiede «almeno» di conoscere la «situazione economico-patrimoniale e finanziaria aggiornata».
Da questa lettera emerge un certo isolamento di Invitalia quando addirittura fa notare che «solo in data 16 ottobre si è potuto avere formale notizia e conoscenza da parte del Consiglio di Amministrazione della Società della sottoscrizione di un Memorandum of Understanding». Sottoscrizione, dice Mattarella, avvenuta l’11 settembre «senza che ne fosse stata data alcuna comunicazione e preventiva informazione al Consiglio di Amministrazione della Holding Capogruppo». Neanche nei cda del 21 settembre e del 16 ottobre, il rappresentante del socio privato, «ha fornito alcun dettaglio in proposito pur essendo stato personalmente firmatario del medesimo MoU».
Ma non finisce qui. La sfilza di chiarimenti e informazioni continua anche sulla «richiesta di pagamento, da parte di Eni, della sesta rata del piano di rientro» su cui chiede di precisare «l'entità e le caratteristiche delle «tensioni finanziarie» che si sarebbero verificate «a far data dal 23 settembre 2023»; l’ammontare della «prevista capacità finanziaria della società», che sarebbe stata asseritamente ridotta, per quanto incredibilmente, da «allarmanti articoli di stampa»; li modo in cui tali articoli avrebbero inciso su di essa; e quali siano le conseguenti «azioni correttive», compiute o in via di adozione».
Per Invitalia «l'omesso versamento in favore di Eni S.p.A. rischia di compromettere in modo irreparabile sia i rapporti con tale fornitore (il quale, a quanto risulta, si è reso indisponibile alla futura fornitura di gas), sia la continuità aziendale con conseguente eventuale configurabilità di precise responsabilità». Infine Mattarella chiede anche di «chiarire se sia effettivamente tuttora necessario e sufficiente un ulteriore sostegno finanziario, da parte dei soci, di 320 milioni di euro e come tale somma sia stata calcolata, fornendo specifiche indicazioni sulle prospettive di continuità aziendale per un congruo periodo».
INVITALIA: «I CHIARIMENTI RIGUARDANO SOLO LA GOVERNANCE»
«In merito ad alcune ricostruzioni di stampa pubblicate oggi sulla comunicazione di Invitalia ai vertici di Acciaierie d’Italia e di Arcelor Mittal, si precisa che la richiesta di chiarimenti e informazioni riguarda la corretta governance della società». Lo rende noto Invitalia, spiegando che «la comunicazione non riguarda in alcun modo la collaborazione e il lavoro comune che si sta portando avanti con le istituzioni e in particolare con il Governo, che prosegue costantemente nello sforzo di giungere a una soluzione positiva».
«Nello specifico - fanno sapere da Invitalia - la richiesta di chiarimenti e verifiche avanzata riguarda la messa a disposizione di documentazione aggiornata sulla situazione economico-patrimoniale e finanziaria di Acciaierie, nonché alcune recenti scelte aziendali non condivise».
SINDACATI «INCONTRO DEL 7 NOVEMBRE SIA DECISIVO»
«Siamo di fronte ad un fatto di gravità enorme. All’incontro del 27 settembre scorso a Palazzo Chigi i quattro ministri ci hanno mentito quando hanno negato la presenza di un Memorandum già sottoscritto l’11 settembre tra Governo e Acciaierie d’Italia. Pur non trattandosi di un accordo definitivo è comunque grave il fatto che non siamo stati informati, nonostante la nostra esplicita richiesta». Così in una nota unitaria Fiom-Fim-Uilm in merito all’ex Ilva, chiedendo "di avere accesso a tutti gli atti compiuti» e confermando «lo stato di mobilitazione» in vista dell’incontro a Palazzo Chigi del 7 novembre che dovrà essere «decisivo»
«A conferma della gestione fallimentare dell’attuale governance - scrivono Roberto Benaglia, segretario generale Fim-Cisl, Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil e Rocco Palombella, segretario generale Uilm-Uil - basta leggere la lettera dell’amministratore delegato di Invitalia, Bernardo Mattarella, inviata al presidente Franco Bernabè e all’amministratore delegato Lucia Morselli».
«Come avevamo anticipato, manifestando tutti i nostri timori, venerdì dopo la manifestazione tenuta sull'autostrada all’ingresso di Roma, trovano riscontro le voci su un memorandum siglato nella prima metà di settembre tra il ministro Fitto e ArcelorMittal. Fatto di cui ribadiamo l’estrema gravità, perché mette la parola fine nel peggiore dei modi alla storia di questa fabbrica, quindi non prevedendo alcuna garanzia occupazionale per i lavoratori». Lo affermano Francesco Rizzo e Sasha Colautti dell’Esecutivo nazionale Usb, secondo i quali con il Memorandum of Understanding sottoscritto da ArcelorMittal l’11 settembre scorso «lo Stato si appresta dunque a regalare ad AM, lo stabilimento e dà in dote almeno tra i 2 e i 3 miliardi, oltre a quelli già dilapidati da Acciaierie d’Italia. Il privato quindi ne uscirà più forte, in quanto senza alcun investimento proprio, avrà fabbrica e liquidità.
A rendere ancora più pesante il quadro, l’acuirsi dei rapporti, non a caso, tra il socio pubblico e quello privato». Chi «nel Governo - concludono Rizzo e Colautti - dice che non ci sono motivi di preoccupazione, mente spudoratamente alla faccia dei tantissimi lavoratori che sono da anni in attesa di risposte e di tutta la comunità che abita questo territorio. A tal proposito, l’Unione sindacale di base mai accetterà decisioni sciagurate di questo tipo, e prende una posizione nettamente contraria, annunciando iniziative di lotta forti ed energiche in difesa dei lavoratori».