La decisione
Taranto, «Nessun clan gestì Pascar»: i giudici revocano la confisca
La decisione della Corte d'Appello di Lecce sette anni dopo il blitz. La società, che conta 14 supermercati, torna alla famiglia Passarelli
TARANTO - La società Pascar non è mai stata gestita dal clan Cesario. È quanto ha affermato la Corte d’appello di Lecce che il 6 ottobre scorso ha revocato la confisca sull’intero compendio aziendale nonostante la pronuncia irrevocabile al termine del processo penale contro i gli imputati coinvolti nel blitz antimafia Feudo.
Una decisione che potrebbe mettere fine alla lunga e complicata questione in cui la società è stata destinataria di continui provvedimenti di sequestri e dissequestri. L’ultima nel 2019, divenuta definitiva, era stata la confisca di tutta la struttura aziendale perché ritenuta riconducibile al noto clan Cesario e, in particolare, alla frangia di Statte guidata dai cognati Cosimo Bello e Carlo Mastrochicco, all’epoca luogotenenti del boss Giuseppe Cesario detto «Pelè».
Per il tribunale a dimostrarlo vi erano una serie di intercettazioni da cui emergeva che soprattutto uno dei centri commerciali del Gruppo Pascar, il “Primo Cash” di Statte, ingrosso di bibite e altro, fosse in sostanza nella disponibilità del duo Mastrochicco-Bello. Ma dinanzi alla corte d’appello, il collegio difensivo composto dagli avvocati Carlo e Antonio Raffo, Michele Laforgia e Gianluca Mongelli, è invece riuscito a dimostrare che le cose non stanno così: il Gruppo Pascar e la sua gestione sono sempre stati saldamente nelle mani della famiglia Passerelli.
Le conversazioni utilizzate per confiscare il patrimonio, infatti, secondo la tesi della difesa che ha fatto breccia nei giudici salentini, «evidenziano come Mastrochicco e Bello considerassero l'esercizio commerciale “Primo Cash” e, in particolare il suo piazzale, un luogo di incontro con i narcotrafficanti calabresi per la programmazione e l'organizzazione degli scambi di droga», ma «non appare dimostrativo, al di là di ogni ragionevole dubbio, di una loro effettiva partecipazione alla gestione quantomeno dell’esercizio commerciale “Primo Cash”. Il fatto – si legge nel provvedimento che cancella la confisca – che Mastrochicco e Bello avessero "eletto" quell’esercizio commerciale, i suoi spazi, come punto di riferimento per i loro appuntamenti, per i loro incontri, non dimostra di per sé una loro attiva partecipazione negli aspetti gestionali dell'esercizio commerciale medesimo».
Inoltre i giudici leccesi Antonia Martalò, Giuseppe Biondi e Luca Colitta, hanno evidenziato che nella sentenza che ha portato alla confisca non è stata riportata neppure una conversazione o un messaggio intercettato tra i luogotenenti del clan e la famiglia Passerelli: «neppure un 'annotazione di polizia giudiziaria
in cui risulta un incontro, un contatto. E anche questo – si legge nel provvedimento – appare essere un elemento distonico, rispetto alla prospettazione che vorrebbe il Mastrochicco e il Bello addirittura effettivi gestori di una realtà economico-aziendale come la “Pascar srl”, che non gestiva soltanto il “Primo Cash”, ma tanti altri punti vendita».
Dal 1995, infatti, la società sostanzialmente a carattere esclusivamente familiare si era finanziata nel tempo attraverso mutui, contratti di leasing ed era riuscita a crescere nel tempo, attraverso l'acquisto e l'inaugurazione del Primo Cash, e poi del Ce.Di. (centro di distribuzione) fino a possedere, al momento del sequestro, ben 14 supermercati nella provincia di Taranto.
A distanza di 7 anni dal blitz Feudo, quindi, si chiude anche il capitolo relativo all’impresa che torna nelle mani della famiglia Passerelli.