La rigenerazione
Taranto, con il progetto Phytotech gli alberi «mangiano» le sostanze inquinanti
I risultati del lavoro sostenuto da Cnr e Cisa. Al lavoro una delegazione di Philadelphia e i ragazzi dell’istituto Righi
TARANTO - Alberi che “mangiano” gli agenti inquinanti e permettono di bonificare terreni contaminati, anche a Taranto. No, non è fantascienza ma il progetto Phytotech, nato a fine 2022, costituito da ricercatori provenienti dal Cnr e dalle sue costole Iret (Istituto di Ricerca degli Ecosistemi Terrestri), Irsa (Istituto di Ricerca Sulle Acque) e Ias (Istituto per lo studio degli impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino), ma anche da aziende tutte tarantine come Cisa Spa, che valorizza i rifiuti solidi trasformandoli in energia, e Socrate Srl, società che opera nel campo della consulenza ambientale e nel settore ingegneristico.
Quest’opera di riforestazione urbana ha come mission quella di restituire un terreno libero da sostanze inquinanti attraverso la piantumazione di determinate piante. Una delle protagoniste di questo spin-off è sicuramente Laura Passatore, 43enne, ricercatrice Iret ed esperta nelle fitotecnologie, che già da anni collabora con le realtà ioniche per recuperare alcuni lotti di terra tarantina.
«Nel 2013 abbiamo piantato dei pioppi nel sito di Cimino-Manganecchia – ha esordito Passatore –, una parte di terreno a ridosso del mar Piccolo piena di metalli pesanti come stagno e berillio, ma anche di policlorobifenili (PCB). Dopo più di un anno i risultati erano sorprendenti e la riduzione di questi elementi restituita dall’analisi chimica del suolo era impressionante». E un secondo punto di Taranto aspetta di vedere i frutti del progetto. «L’anno scorso – ha proseguito Passatore – abbiamo effettuato delle piantumazioni di arbusti come carrubi, filliree, ginepri nei pressi dell’ex Ilva. Si tratta di arbusti sempreverdi proprio perché vogliamo vedere la capacità di assorbimento del particolato fine di queste piante lungo tutto l’anno solare».
Non solo scienze però perché adesso il passo successivo è sicuramente quello di divulgare le proprie scoperte per far sì che più città seguano l’esempio. E nella divulgazione entra in campo un’alleata inaspettata, l’arte. Infatti, grazie a un fil rouge che unisce il capoluogo ionico e Philadelphia, in una misura finanziata dalla missione diplomatica Usa in Italia, anche le manifestazioni artistiche entrano in gioco per sensibilizzare sulla crisi climatica in atto e sull’ecosostenibilità.
«Ci ha affiancato in questo spin-off una grande componente artistica – le parole di Passatore - non solo l’associazione Mural Arts di Philadelphia, ma anche la Climate Art Project e l’eclettico Andreco. Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad attivisti che imbrattavano quadri o monumenti con la vernice per portare un messaggio sul rispetto degli ecosistemi. Qui invece l’arte agisce in simbiosi con la scienza, senza rovinare nulla. È un’arte che si fa vettore per comunicare le problematiche ambientali proponendo delle soluzioni. È un’arte che si fa sostenibile».
E due giorni fa l’incontro a Taranto con una delegazione di Philadelphia e i ragazzi dell’Istituto Righi, che hanno potuto vedere con i propri occhi i risultati del progetto nelle due aree interessate. Proprio nella scuola tarantina ecologia e arte diventeranno un tutt’uno, con la realizzazione di alcuni murales sul tema.