L'inchiesta

Taranto, schianto in moto con l'amico: 20enne accusato di omicidio stradale

Francesco Casula

Il 18enne deceduto, Francesco Ricciato, era seduto dietro al centauro, che secondo la procura guidava sotto l'effetto di stupefacenti

TARANTO - Era sotto effetto di stupefacenti il 20enne alla guida della moto che il 19 luglio scorso si schiantò contro un guardrail provocando la morte del 18enne Francesco Ricciato. È quanto sostiene il pubblico ministero Enrico Bruschi che ha notificato un avviso di garanzia contestando nei suoi confronti il reato di omicidio stradale. Secondo il pm Bruschi «per negligenza, imprudenza, imperizia» e in violazione di una serie di norme del codice della strada, avrebbe guidato il motociclo sotto l’effetto di «cannabinoidi» e mentre eseguiva un sorpasso di due motocicli avrebbe perso il controllo del motociclo a causa di una «errata manovra di sterzata a destra del manubrio» mentre viaggiava a una velocità di 92 chilometri orari nonostante il limite di velocità fosse pari 50 chilometri orari.

L’inchiesta è partita dopo la denuncia presentata dai genitori, tramite l’avvocato Andrea Albanese: i familiari poco dopo il tragico evento depositarono in procura un esposto affinché venisse fatta luce sulla dinamica dell’incidente e sulle eventuali responsabilità.

La denuncia presentata dall’avvocato Albanese faceva leva sulle dichiarazioni raccolte dai genitori nei giorni successivi all’incidente. La madre e il padre del 18enne avevano infatti ascoltato i racconti di altri due giovani che quel giorno infausto erano in compagnia del figlio e del giovanissimo centauro che guidava la moto su cui si trovava Francesco. I ragazzi, a bordo di altre due moto, hanno spiegato che stavano percorrendo la statale 106 e in particolare lungo la complanare all’uscita «Caggioni - Lido Azzurro», nelle vicinanze del mercato ortofrutticolo: in quel momento, secondo il racconto dei compagni, Francesco era a bordo della moto e indossava regolarmente il casco. Rispetto alla dinamica dell’accaduto i ragazzi non avevano saputo fornire una ricostruzione dettagliata, compito poi svolto dagli investigatori della Procura, ma avevano hanno semplicemente raccontato che a un tratto avevano visto che il loro amico alla guida della moto su cui viaggiava anche Francesco aveva perso il controllo del mezzo e su una curva si era schiantato contro il guardrail sbalzando i due giovani rovinosamente sull’asfalto.

Quell’impatto è stato tragico: Francesco Ricciato è morto sul colpo mentre il suo amico che guidava la moto era finito in rianimazione, ma fortunatamente non in pericolo di vita. Per i genitori, quindi, è nato in quei momenti il dubbio di non avere ben chiaro cosa sia accaduto in quell’attimo fatale e avevano chiesto quindi che la magistratura accertasse se l’incidente era stato dovuto a un eccesso di velocità, a una manovra azzardata o se in generale la condotta del conducente del mezzo abbia volontariamente o involontariamente potuto causare la morte del giovanissimo amico.

Nei giorni scorsi il pm Enrico Bruschi ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini e formulato, come detto, l’ipotesi di reato di omicidio stradale: un’accusa grave che prevede in caso di accertata responsabilità una pena fino a 12 anni di reclusione. Dopo la notifica dell’avviso di chiusura dell’inchiesta, il 20enne difeso dagli avvocati Gaetano Vitale e Davide Rinaldi, avrà venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogato o per presentare memorie difensive e fornire la sua versione dei fatti, Poi toccherà al pm Bruschi decidere se archiviare le accuse oppure chiedere l’avvio di un processo. 

Privacy Policy Cookie Policy