Le indagini

Omicidio del 21enne, c'è il rischio di una guerra tra Manduria e Lecce

Francesco Casula

Nelle carte dell’inchiesta la sfida per il controllo del territorio. I consigli del boss Stranieri al nipote arrestato: «Fate molta attenzione, quelli non hanno niente da perdere»

MANDURIA - «Gli zingari li devi temere perché quelli non temono niente». Parola di Vincenzo Stranieri, il boss di Manduria e storico numero della Sacra corona unita. È lui a offrire questo consiglio al nipote 19enne Vincenzo Antonio D’Amicis, uno dei giovani finiti in carcere insieme a Domenico D’Oria Palma e Simone Dinoi per l’omicidio di Natale Naser Bahtijari, il 21enne trovato morto nelle campagne di Manduria nella notte tra il 22 e il 23 febbraio scorso.

Stranieri conosce evidentemente bene la capacità criminale del gruppo che di cui fa parte anche il 28enne Suad Bahtijari, fratello maggiore di Natale. Ma non è l’unico. Anche gli investigatori, coordinati dal pm Milto De Nozza della Direzione distrettuale Antimafia di Lecce, che stanno indagando sul brutale assassinio del giovane conoscono la forza del gruppo che ha la sua roccaforte nel campo Panareo, un insediamento alle porte di Lecce. E non è un caso che nel decreto di fermo che ha portato i tre manduriani in carcere, i poliziotti della Squadra Mobile guidati dal vice questore Cosimo Romano abbiano scritto nella loro informativa che i tre avevano «maturato il convincimento che il fratello della vittima Bahtjiari Suad, possa porre in essere azioni ritorsive nei loro confronti».

Il rischio della guerra tra Manduria e Lecce, quindi, esiste. Del resto due dei presunti autori del delitto, D’Amicis e D’Oria Palma, sono stati rintracciati dai poliziotti in un albergo: un luogo in cui, scrive il gip Rita Romano nell’ordinanza di convalida, «non avevano altra ragione di soggiornare, essendo entrambi dimoranti nel medesimo paese, se non quella di nascondersi in attesa di trovare un posto più lontano e sicuro per sottrarsi alle ricerche della Polizia», ma anche a quelle di «persone vicine alla vittima che, come visto per Bahtijari Suad. gravitano in pericolosi ambienti criminali».

Gli «zingari» infatti sono conosciuti non solo nel Salento: proprio Suad Bahtijari insieme al fratellastro Denis Ahmetovic sono stati arrestati alcuni anni fa nell’operazione ribattezzata «Bulldozer» per traffico di armi dal Montenegro. Suad Bahtijari fino a ieri mattina era ai domiciliari, mentre ora è stato trasferito in carcere su ordine del tribunale di Sorveglianza di Lecce. La procura di Lecce ha considerato lui e il fratellastro gli organizzatori di un trasferimento di pistole e munizioni intercettate al porto di Bari.

Oltre alle armi, però, Bahtijari sembra aver intessuto un importante rotta per il traffico di stupefacenti: «io ti posso dare fino a trecento chili di marijuana» avrebbe chiarito a D’amicis in occasione della consegna dei 100 grammi di cocaina. Ma per forniture come questa servono i soldi e il gruppo di Manduria non sembra navigare in buone acque: «lì è critica» confessa Dinoi ignaro di essere ascoltati dagli investigatori. Quel discreto quantitativo di cocaina avrebbe dovuto risollevare le sorti del gruppo messapico: tornando da Lecce, quel 6 febbraio, proprio Dinoi si lascia andare a un altro commento chiarificatore «Santo Cosimo. con cento grammi, se non ci riprendiamo».

Ma le aspirazioni sembrano destinate e restare tali. «Il 6 siamo andati a prenderla… siamo al 9 e 30 grammi ne sono rimasti» commenta Dinoi, ma in realtà nella conversazione spiega che solo 5 grammi sono stati venduti a 50/55 euro al grammo.

Troppo poco per raccogliere i soldi da dare agli zingari. Che intanto premono per incassare. «Se non andrà a pagarla, vedrai…» è l’amaro commento di Dinoi il 9 febbraio. E forse in una di quelle richieste di denaro, qualcuno dei leccesi si lascia andare a parole offensive: «hai sparato sulla macchina di mia madre per mio nonno» avrebbe detto D’amicis mentre accoltellando a morte il 21enne, ma il senso potrebbe essere un riferimento a una «sparata», cioè a frasi scappate nelle conversazioni ritenute inaccettabili dai manduriani.

Parole che avrebbero fatto alzare la tensione fino a quella tragica serata del 22 febbraio. Una serata conclusa con un appello disperato di Suad Bahtijari che alle 2.55 scrive a D’amicis un messaggio: «Te lo giuro sulla libertà, sto pulito, lascia mio fratello». Una richiesta caduta nel vuoto: Natale Nasser Bahtijari era già stato torturato e ucciso.

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