Il caso
Terremoto in Confindustria resa dei conti a Taranto
Una sessantina di associati contesta la gestione Marinaro
TARANTO - La battaglia all’interno di Confindustria Taranto arriva allo snodo decisivo. Trascorse le festività di fine-inizio anno, all'attenzione del collegio dei Probiviri interno all’associazione, sia a livello locale che a livello nazionale, è finito il ricorso che una sessantina di associati hanno presentato nei confronti del presidente Antonio Marinaro.
Sfiduciato di fatto dal consiglio di presidenza che il 4 novembre scorso non ratificò la nomina dei quattro rappresentanti dell’associazione nel futuro consiglio generale della Camera di Commercio (i candidati erano lo stesso Marinaro, il presidente della Camera di Commercio Luigi Sportelli, Eugenio Martucci e Mimmo Abrescia), il numero uno dell'associazione di via Dario Lupo rischia di dover lasciare l'incarico a un anno e mezzo dall'elezione.
Nel lungo ricorso, i firmatari segnalano senza mezzi termini la «grave condizione di difficoltà nella quale versa attualmente Confindustria Taranto», addebitandola agli «atti compiuti dalla presidenza, in totale autonomia, in assenza di condivisione, in difformità agli istituti che regolano la vita associativa, per molti versi illegittimi» che «hanno causato una profonda frattura in seno all'organizzazione, determinando conseguentemente anche una sua perdita di credibilità sia all'interno, sia all'esterno, proprio in un momento in cui le imprese, chiamate a confrontarsi con una delle crisi più dure e complesse degli ultimi anni, avrebbero invece necessità del supporto e del contributo qualificato e autorevole di un'associazione forte e coesa».
Nel ricorso viene fatta una cronistoria che parte dalla elezione di Marinaro a presidente di Confindustria Taranto, elezione avvenuta nel luglio del 2019 «in maniera coesa e con voto unanime». Viene sottolineato come «Confindustria Taranto, in quel periodo, godeva di autorevolezza e rappresentatività tanto è vero che pochi mesi prima dell'elezione alla presidenza dello stesso Marinaro, si celebrava l'adesione di ArcelorMittal all'associazione di Taranto e si aprivano tutti i presupposti per condurre tra la stessa Arcelor, l'associazione e le aziende del territorio aderenti a Confindustria, un rapporto e un dialogo franco e aperto». E da qui partono le accuse nei confronti di Marinaro il quale, si legge nell’atto, «da prima della sua elezione, intratteneva soddisfacenti rapporti commerciali con lo stabilimento siderurgico» ma «successivamente alla sua elezione e a un cambio di vertice in ArcelorMittal, i rapporti tra Confindustria Taranto e il nuovo associato si andavano progressivamente deteriorando a seguito di prese di posizione e di comportamenti inusuali per un'associazione riconosciuta come Confindustria, anche se assunti per una "giusta" causa, ossia i ritardi nei pagamenti da parte di ArcelorMittal a favore delle aziende fornitrici e associate alla stessa Confindustria Taranto». Secondo i ricorrenti «la "vertenza" sui pagamenti ha assorbito da allora in maniera pressoché totalitaria le energie della Presidenza per un lungo tempo, arrivando anche a paventare una "class action" nei confronti di ArcelorMittal e auspicando addirittura il ritorno alla gestione commissariale pubblica, in luogo di un’impresa privata, per di più associata a Confindustria».
Viene rimarcato come «la "vertenza" in questione coinvolgeva direttamente anche le aziende del presidente Marinaro, tanto che nel giugno 2020 la Quadrato Divisione Industria, azienda facente capo allo stesso Marinaro, per grave crisi di liquidità, ha presentato alla sezione fallimentare del Tribunale di Taranto una richiesta di concordato con riserva».
Secondo I firmatari «il modo in cui il "pressing" sulle fatture scadute è stato gestito, ha deteriorato via via i rapporti tra azienda e Confindustria Taranto fino allo scontro frontale con una multinazionale, ArcelorMittal, che, val la pena ricordare, è non solo un colosso mondiale, ma l'azienda più importante del Mezzogiorno, oltre che la più grande azienda iscritta a Confindustria Taranto. Come conseguenza, ArcelorMittal ha pressoché "azzerato" i rapporti con Confindustria Taranto, isolando di fatto l'associazione e costringendo la presidenza, per ritrovare il dialogo con l'azienda, a ricercare alleanze sul territorio, appoggiandosi alla locale Camera di Commercio e rinunciando, di fatto, al ruolo di "prima" rappresentanza industriale di Taranto, a scapito ovviamente non solo della sua credibilità, ma anche di quella dei suoi associati». Nel mirino finisce la nomina, fatta nel settembre scorso, di Vladimiro Pulpo quale nuovo vice presidente con delega specifica ai rapporti con ArcelorMittal, nomina che sarebbe avvenuta «in maniera frettolosa, fuori dalle regole e dalle norme statutarie». Altre anomalie vengono segnalate nelle procedure per l'indicazione dei componenti esterni di Confindustria presso il Consiglio Camerale della costituenda Camera di Commercio Brindisi-Taranto e viene denunciata l'assenza di donne nella rosa e la presenza di due candidati ultra 75enni sui quattro complessivi.
Insomma, secondo I firmatari del ricorso – che hanno accluso al loro documento anche gli articoli della Gazzetta, unico organo di informazione ad essersi occupato della vicenda - «le anomalie sopra evidenziate hanno creato una innegabile e profonda spaccatura all'interno dell'associazione» e «la presidenza, incomprensibilmente, invece di intraprendere un percorso di dialogo interno per dare i chiarimenti necessari, rispondeva pubblicamente attraverso una nota stampa, che suscitava immediate reazioni nella stampa stessa, "danneggiando" ulteriormente l'immagine di Confindustria».
I ricorrenti, richiamando quanto previsto da statuto, regolamento unico per il sistema e codice etico e dei valori associativi, chiedono dunque al collegio dei probiviri di procedere alla «verifica degli atti e degli accadimenti» e alla «individuazione di concrete risposte e soluzioni alle criticità espresse dagli imprenditori associati», al fine di «evitare ulteriori atti illegittimi e scongiurare, soprattutto, l'aggravarsi della spaccatura tra gli associati».