nel Tarantino

Sava, i bulli: «Nessuna minaccia. L'anziano ci dava soldi perché eravamo amici»

Vittorio Ricapito

La difesa di alcuni dei ragazzi accusati di stalking ed estorsione a un disabile 61enne

«Quei soldi? Erano solo regali. Eravamo amici, non ho mai fatto alcuna minaccia per averli». Si difendono così alcuni dei “bad boys” finiti in carcere e ai domiciliari, in tutto dieci ascoltati ieri dal magistrato Benedetto Ruberto, accusati di stalking e estorsione ai danni di un 61enne disabile di Sava (Ta). Gli altri hanno preferito restare in silenzio. In silenzio anche i tre minori coinvolti nel caso e finiti nell’istituto penitenziario di Bari. Solo uno ha parlato, non per rispondere alle domande del giudice per i minori Paola Morelli ma per dire «se ho sbagliato chiedo scusa, sono stato dieci mesi in comunità e ho capito che la vita precedente non mi appartiene più», riferendosi a una misura cautelare precedente al caso di Sava, per tentativo di furto. Altri due maggiorenni, sottoposti al divieto di avvicinamento (devono mantenersi almeno a 150 metri dalla vittima) e cinque minori affidati in comunità saranno sentiti dai magistrati nei prossimi giorni.

Oltre ai venti sottoposti a misura cautelare, ci sono altri indagati a piede libero sui quali la magistratura sta cercando di fare chiarezza. «Molti in paese mi insultano perché sono omosessuale», ha raccontato la vittima ai carabinieri che erano arriati a casa sua per un incendio. «Da un pò di tempo subisco continue richieste di denaro da parte di alcuni ragazzi del luogo, circa una ventina. Sono una persona molto fragile e quindi questi giovani si approfittano di me. Vengono a trovarmi a casa, anche in gruppi, e mi chiedono continuamente soldi». Così i militari hanno scoperto che nonostante la modestissima pensione di invalidità, 515 euro al mese e i pochi spiccioli rimediati trasportando rifiuti sull’Ape all’isola ecologica, il 61enne era diventato una specie di bancomat per balordi di ogni età. Bastava alzare la voce o minacciarlo un po’ per scucirgli cinque, dieci o venti euro. L’uomo ha raccontato che il vicino di casa da quasi vent’anni pretendeva con fare minaccioso cinque euro alla settimana e venti euro fissi al mese.

«Me li regalava perché siamo amici di famiglia e sa che sono senza lavoro e con una famiglia a carico», si è difeso così ieri l’indagato. Molti, anche tra i minori indagati, hanno precedenti, chi per droga, chi per rapina o lesioni. Si presentavano a casa, prendevano a calci la porta, insultavano e minacciavano. In un’occasione, ha raccontato la vittima, anche impugnando una pistola. Oppure agitavano l’accendino minacciando di bruciare l’Ape. I militari, appostati, hanno osservato due minori che chiedevano soldi. Gli altri li ha riconosciuti in foto la stessa vittima. «Questo qui mi chiede soldi da anni, questo è molto fastidioso, viene con due amici ogni settimana, se non gli do i soldi non se ne va di casa», ha raccontato sfogliando l’album dei presunti aguzzini. «Questo è uno dei boss, un diavolo, mi minaccia, non mi lascia stare finché non ha i soldi».

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