l'evento
Taranto, 30 anni fa la visita di Papa Wojtyla all'Italsider
Era l'ottobre del 1989, il ricordo del discorso: ci sia corrispondenza alla dignità del lavoratore
Sono trascorsi 30 anni dalla storica visita di Papa Giovanni Paolo II a Taranto, un evento che, come già accade nel 1969 con la venuta di Papa Paolo VI, ebbe al suo centro anche e soprattutto la grande industria e il suo rapporto con la città e i tarantini.
Sono trascorsi appunto 30 anni ma il discorso pronunciato da Papa Giovanni Paolo II nell’ottobre del 1989 all’Italsider sembra, a rileggerlo, di estrema attualità, considerato che il Pontefice metteva già in evidenza il problema delle condizioni di lavoro all’interno dello stabilimento. «Questo impianto, in cui ci troviamo, e le officine, nelle quali voi lavorate e trascorrete buona parte delle vostre giornate, sono un segno eloquente – disse Papa Giovanni Paolo II - delle capacità dell’uomo di trasformare la materia prima per adattarla alle proprie necessità. Tuttavia, promuovere la capacità produttiva di un complesso industriale non è tutto, e non è neanche quello che più conta. Il valore e la grandiosità di un impianto di produzione, sia pure così impressionante come è questo vostro, non devono misurarsi unicamente con criteri di progresso tecnologico o di sola produttività e redditività economica e finanziaria, ma anche e soprattutto con criteri di servizio all’uomo e di corrispondenza a ciò che la vera dignità del lavoratore, in quanto immagine di Dio, richiama ed esige. Ora, qual è, da questo punto di vista, la realtà attuale dell’Italsider di Taranto?»
I venti di crisi che investono l’acciaio oggi sembrano gli stessi di 3 decenni fa. «Vi è, anzitutto, la pesante situazione - disse il Papa - relativa all’occupazione, aggravata dal ridimensionamento della capacità produttiva dell’impianto, nel quadro di una crisi più generale concernente la produzione dell’acciaio. Vi sono i fenomeni connessi del pre-pensionamento e del ricorso alla cassa integrazione, rimedio, quest’ultimo, parziale e temporaneo in relazione alla mancanza o alla stasi del lavoro. Non mi sfuggono di certo le complesse componenti della crisi siderurgica, che è fenomeno di dimensione internazionale». Ma Giovanni Paolo II parlò anche della situazione ecologica che definì grave: «Vi è, inoltre, la grave situazione ecologica, con le sue preoccupanti ripercussioni sulla natura, sul patrimonio zoologico ed ittico e sulla vita quotidiana delle persone. Il campanello di allarme è già scattato, anche qui a Taranto.
Occorre ora far sì che le decisioni dei responsabili ne tengano conto, cosicché l’ambiente non venga sacrificato ad uno sviluppo industriale dissennato: la vera vittima, nel caso, sarebbe l’uomo; saremmo tutti noi. Quando si tratta di ripensare una situazione come questa, carissimi, due sono i criteri morali di fondo, di cui si deve tener conto. Le nuove circostanze richiedono da tutti uno sforzo di rinnovata analisi e di creatività, affinché agli uomini e alle donne di Taranto vengano offerte nuove possibilità di lavoro, possibilmente più confacenti alla realtà ambientale in cui essi vivono: le industrie del cosiddetto terziario, ma anche un’agricoltura rinnovata e tutto ciò che può gravitare intorno alla ricchezza del mare». Papa Giovanni Paolo II ricordò poi la visita di Papa Montini, avvenuta nel 1969. «Paolo VI voleva celebrare la Messa della notte di Natale tra gli operai del centro siderurgico, in questa terra, «chiamata - egli diceva - al risveglio e allo sviluppo economico, sociale, spirituale».
Sulle orme del mio predecessore, il Papa della «Popolorum Progressio», la mia visita odierna è cominciata dall’area industriale, per sottolineare l’attenzione costante con cui la Chiesa segue questo delicato settore che, da sempre, condiziona nel bene e nel male la crescita, anzi l’immagine stessa della vostra comunità. Riconosciamo insieme, questa sera, la portata profetica delle parole di Paolo VI, allorché concludeva dicendo che, laddove è maggiore il pericolo della disumanizzazione - ed ogni ambiente di lavoro è esposto a tale pericolo - ivi è più urgente «il soffio del Vangelo, come ossigeno di vita degna dell’uomo». Dalla vostra storia più che bimillenaria e soprattutto dalla tradizione cristiana attingiamo insieme, in questa felice occasione, motivo di speranza e di incoraggiamento per la città e per ciascuno di voi, come per tutte le amate terre del meridione d’Italia. Taranto: città preromana, popolosa metropoli della «Magna Graecia», è conosciuta per la feracità del suolo e la vivacità commerciale e industriale, per la pescosità del mare e perfino per la qualità dell’acqua di mar Piccolo. Nel suo passato di cultura e di splendore, come testimoniano i pensatori della «scuola filosofica», e gli artisti immortalati in diverse finissime creazioni, c’è la genialità di tanti abitanti, che con le loro iniziative hanno reso illustre la città.
Storia nobile, dunque, ricca di valori umani e spirituali; storia che, però, non manca di vicende tristi, perché segnata dal passaggio di non pochi dominatori e predatori, con rovinose distruzioni e significative rinascite. Essa, tuttavia, rivela il coraggioso, continuo riemergere di un popolo, che è venuto via via caratterizzandosi per un fecondo intreccio di tradizioni e culture diverse, cementate dal senso cristiano della vita. Nel secolo scorso, dopo l’unificazione politica d’Italia, la vostra città ha conosciuto un crescente ampliamento urbanistico ed un primo impulso industriale, in senso moderno, con l’arsenale ed i cantieri navali; divenuta capoluogo di provincia, ha registrato, dopo l’amara esperienza della seconda guerra mondiale, una vera accelerazione nella crescita.
La nuova industrializzazione, con insediamenti grandi, medi e piccoli, ha cambiato non poco il volto dell’intera zona ionica, sia dal punto di vista economico-sociale che da quello demografico e culturale. Quando sembrava legittimo guardare con tranquillità al futuro, è intervenuta purtroppo la crisi mondiale dell’acciaio, con il drastico ridimensionamento dell’occupazione, ancora in corso, e con preoccupanti prospettive per la vita delle famiglie, della città e dell’intera regione. Cercate e trovate motivi di fiducia nella vostra forza di volontà; cercateli soprattutto nella ricca tradizione cristiana, in quella fede che, vissuta in pienezza, diventa forza capace di smuovere le montagne. Di fronte alla crisi persistente, economica e morale, bisogna rifiutare le tentazioni della passività e dell’individualismo, dell’impazienza superficiale e della spettacolarità effimera, come pure ogni via illecita di speculazione privata e di gruppo, specie se a danno dei più poveri, i nuovi poveri!».