La storia

«Io maestro nel carcere di Turi. Quante storie dietro le sbarre»

Valentino Sgaramella

L’insegnante Stefano Romei, 97 anni, sfoglia l’album dei ricordi

TURI - Gli hanno rinnovato la patente per altri 2 anni. Stefano Romei, 97 anni tra un mese, guida ancora in tranquillità la sua Fiat 500. Dal 1956 al 1991 è stato maestro elementare nel carcere di Turi. Questo anziano signore che ci accoglie nel suo appartamento dai modi garbati e gentili, conserva un pezzo di storia cittadina. La sua famiglia è di Montevarchi, in provincia di Firenze. Il papà, Settimio, nel 1928 è inviato al carcere di Turi come agente di polizia penitenziaria, conoscerà Antonio Gramsci e Sandro Pertini. Negli anni ‘40, Stefano, dopo la maturità magistrale, diviene maestro elementare. Cultore di musica, diviene organista e fisarmonicista. Grazie al giovane arciprete e cappellano del carcere, don Peppino Contento, Romei sarà organista ufficiale di tutte le chiese turesi. Nel 1956, inizia ad insegnante ai detenuti.

«All’epoca il carcere ospitava 250 detenuti, tra cui decine di ergastolani, i più anziani in Italia, molti minorati fisici e psichici», ricorda lucidamente. Fino al 1954, una di quelle celle ospita anche il boss di Cosa Nostra, Totò Riina. L’Italia sta cambiando. Il carcere non è più un luogo in cui scontare una pena ma struttura che riabilita chi ha sbagliato. Le strade del giovane Romei e quella del nuovo direttore del carcere, Eugenio Perucatti, si incrociano nel 1960. Il direttore porta idee innovative, spesso non compreso. Il nuovo direttore rivolta Turi come un calzino. Nel carcere si avviano cantieri edili. Scompaiono le vecchie camerate e nascono nuove celle con servizi igienici e nuova pavimentazione, una sartoria, una falegnameria ed una barberia. Romei, frattanto, tiene lezione in aula. «Entravo ogni mattina alle 8 e terminavo alle 11.30. Le classi erano due - racconta - la prima raggruppava la 1a, la 2a e la 3a elementare; l’altra comprendeva la 4° e la 5°, ci alternavamo con un collega». Romei, d’intesa con il direttore, gestisce una sala teatro per opere musicali e teatrali. Romei si occupa anche della censura della corrispondenza ed è garante per l’Inps per la pensione ai detenuti. Oggi, Stefano De Carolis, sottufficiale dei carabinieri, giornalista e storico locale, presidente dell’associazione culturale “La Faldacchea di Turi” ha inviato al sindaco, Giuseppe De Tomaso, la richiesta ufficiale di intitolare una via o una piazza all’ex direttore Perucatti.

«La nostra missione - prosegue Romei - era anche quella di spronare i detenuti analfabeti a frequentare il ciclo di studi. Lo sprone era convincerli a studiare perché non riuscivano a leggere le lettere che arrivavano dalle loro mogli e dai parenti, e il più delle volte si rivolgevano ad altri detenuti che sapevano leggere e scrivere. Chiaramente la privacy veniva meno».

«Noi maestri, quasi sempre, oltre all’insegnamento provvedevamo a tradurre il loro stretto dialetto calabrese e siciliano, quando dovevano conferire con il giudice di sorveglianza, con il direttore del carcere, che non comprendevano una sola parola del loro stretto dialetto. La nostra figura - chiosa Romei - era anche quella di psicologi e assistenti sociali. Per la riscossione della pensione ed altre incombenze, avevo un mandato firmato dal giudice della Pretura di Putignano. Ricordo con piacere il Pretore Giagantesco».

Tra i tanti ricordi professionali vissuti da Stefano Romei nella Casa Circondariale di Turi, un posto speciale lo occupa la visita del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, avvenuta nel 1980: «Quel giorno, assieme al Direttore Spinelli, accompagnai in visita il Presidente Pertini. Ricordo che, quando il Presidente fu dinnanzi alla cella di Antonio Gramsci, rimase molto perplesso e stupito di quella ubicazione, esclamando che quella non era la cella di Gramsci. Nonostante ciò, entrò da solo nella cella per un momento di riflessione». A seguito di quella storica visita, il Presidente Pertini conferì al maestro Romei la benemerenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.

A proposito dell’ubicazione della cella di Gramsci il maestro Romei con dovizia di particolari asserisce: «La cella dov’era recluso Antonio Gramsci non è quella che oggi visitiamo. Quella originaria era ubicata vicino la chiesa del carcere, nel versante della villa comunale. Accadde che, anni addietro, un direttore poco attento e poco sensibile alla storia, per motivi logistici fece spostare l’ubicazione della cella dov’era ristretto Antonio Gramsci».

Stefano Romei oltre ad espletare con passione e dedizione il suo lavoro istituzionale, per diversi anni è stato l’agente Siae di Turi; inoltre ha ricoperto la funzione di presidente della cooperativa sociale oleificio Sant’Oronzo ed è stato membro del consiglio della Democrazia Cristiana di Turi.

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