Palcoscenico

«La magia insegna a vedere oltre le apparenze», il mentalista Andrea Rizzolini in Puglia con «Incanti», insieme ad altri 5 maghi

Bianca Chiriatti

Uno spettacolo che coniuga illusionismo e teatro, con sei tra i più giovani e premiati professionisti under 30. Appuntamento domani, 28 febbraio, al Teatro Italia di Gallipoli, e il 2 marzo al TeatroTeam di Bari

«La magia mi ha insegnato a guardare al di là delle apparenze, uno sguardo sul mondo oltre le cose dure e crude». Parla così Andrea Rizzolini, campione italiano di mentalismo, che scrive e dirige «Incanti», uno spettacolo prodotto da Officine dell’Incanto che riunisce sul palco sei dei più giovani e premiati illusionisti italiani under 30, con abilità diverse. Lo show, che coniuga teatro e magia, dopo i successi della scorsa stagione riparte dalla Puglia, con una data domani, 28 febbraio, al Teatro Italia di Gallipoli, e il 2 marzo al TeatroTeam di Bari, per poi spostarsi a Napoli, Ancona e nel resto d'Italia. Rizzolini ha risposto alle curiosità della Gazzetta per scoprire i retroscena di questa performance unica nel suo genere.

Partiamo dall'esperienza del vostro collettivo: siete in sei sul palco, cosa proponete?

«Ognuno di noi interpreta un personaggio che vive in un mondo in cui accadono cose magiche. Io, mentalista, sono il narratore dello spettacolo, indovino i sogni del pubblico con alcuni indizi. Niccolò Fontana è uno psicologo di formazione, e mostra come gli umani siano distinti dalle macchine, facendo prendere vita a un automa. Dario Adiletta è un ballerino, e interpreta uno sciamano capace di dominare l'acqua. Piero Venesia viene dal teatro fisico, propone un numero quasi di mimo, sotto una nuvola fantozziana che lo perseguita con una serie di sfighe. Francesco Della Bona controlla il tempo, e Filiberto Selvi, violinista, rivisita la storia di Re Mida. Ognuno di noi ha il suo percorso artistico, e con le performance mostriamo come un mago possa stare benissimo sul palco di un teatro, tra filosofia e riflessioni umane».

C'è anche un pizzico di drammaturgia all'interno

«Inizia tutto dai testi dei grandi autori che hanno scelto i maghi come protagonisti delle loro opere: Prospero, per "La Tempesta" di Shakespeare, Faust di Goethe e Otto Marvuglia di Eduardo De Filippo. Noi cominciamo con una frase di Shakespeare, "Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni", e in tutto lo spettacolo proviamo a chiederci cos'è la sostanza dei sogni e perché questi autori hanno scelto di raccontare proprio i maghi. È un modo di interpretare l'illusionismo che si stacca dagli stereotipi, come fiori e cappelli a cilindro: è una magia che fa della teatralità la propria forza».

Il pubblico come risponde? È coinvolto nello show?

«Il pubblico è affascinato dalla verità, dal fatto che siamo tutti ragazzi sotto i trent'anni, siamo amici legati da una forte passione, e questo traspare sul palco. Non è un cast messo insieme da qualcun altro: ci aiutiamo dietro le quinte tra di noi, lavoriamo fianco a fianco, e gli spettatori vengono invitati in alcuni momenti a salire sul palco, o - come nel caso del mio numero - a scrivere sogni o incubi per dar vita a qualcosa di magico. La cosa più bella è che molto spesso la performance supera le loro aspettative».

Immaginiamo sia una cosa affascinante specialmente per i più piccoli: cosa risponde a un ragazzino che le chiede consigli per diventare un mago?

«Gli consiglio di andare a teatro, perché è un linguaggio di espressione che crea davvero l'incanto, anche se a volte la magia nasce in contesti più intimi. È una grande forma di ispirazione».

Lei invece come ha iniziato?

«Da bambino vidi una videocassetta registrata da mio nonno con David Copperfield. È scattato qualcosa dentro di me, mi sono appassionato perché anche nelle sue esibizioni c'era una parte di contesto teatrale. Poi sono stato io a unire il gruppo, con Filiberto Selvi siamo amici da sempre, con Piero e Niccolò abbiamo frequentato la scuola nazionale di magia. Ma da lì, da quella visione, mi è rimasto quello sguardo sul mondo di cui parlavo all'inizio, andare oltre. Perché la realtà sta negli occhi di chi guarda».

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