Palcoscenico

Emma Dante: «Nel mio Angelo di fuoco l’amore e la morte si inseguono»

Pasquale Bellini

La regista al Petruzzelli di Bari per l’opera di Prokofiev, in scena dal 17 al 23 aprile

BARI - Emma Dante viene fuori dai meandri ombrosi e profondi del Petruzzelli: una pausa dalle prove de L’angelo di fuoco, l’opera di Prokofiev che sarà in scena a Bari dal 17 aprile. La regista appare abbagliata dal sole di Bari, come in ristoro dalle cupe atmosfere della vicenda di Renata (protagonista dell’ opera) e del suo «Angelo» più persecutore che custode, nella tregenda irta di metafore eccellenti, con dissidio vita-morte, desiderio-repulsione, carnalità-espiazione, in definitiva i soliti bene-male.

A lei questa regia de «L’ angelo di fuoco» deve sembrare come un invito a nozze, stanti i suoi ben noti leit-motiv legati alla dimensione del corpo, a una sacralità evocata ma rinnegata, a una sessualità esplicita eppure ambigua. Dica la verità, in questo “Angelo di fuoco” lei ci sguazza, già dalla prima versione a Roma nel 2019?

«Ebbene sì, questo melodramma, questa musica di Prokofiev col romanzo di partenza di Brjusov, è una vera delizia, quanto a segnali ambigui, metafore squisite, abissali contraddizioni: qui c’ è poco da canticchiare, è una musica che non ti commuove e non fa piagnucolare, ma che poi ti entra lentamente dentro, ti coinvolge e non ti lascia più. Sì, nella storia di Renata e di questo suo Angelo, una roba che vede solo lei, forse un fantasma, forse un incubo, forse una pulsione erotica, ritrovo molta della mia “carne”, una fisicità certo dissonante rispetto alle “regole”, una sensualità repressa eppure esaltata. Renata è una donna, nel XVI secolo della vicenda, ma non solo».

(Emma Dante, regista, foto Clarissa Lapolla)

Renata insomma, è una donna angelicata o una strega?

«Soltanto una donna, né angelo né strega né puttana. O forse tutte e tre. Comunque alla fine Renata viene, guarda un po’, condannata al rogo».

Nelle sue note di regia come dai precedenti nella versione all’ Opera di Roma nel 2019, pare che l’ elemento Morte, con sotterranei e catacombe come quelle dei Cappuccini a Palermo, sia ben presente in scena.

«E vorrei vedere! Qui vivi e morti si confondono, la pulsione vitalistica dell’ eros si raggela, come sempre, tra i brividi del tanathos e di quel “memento mori” che rende poi così esemplare il peccato! Renata poi, specie nell’ ultima sequenza nel convento-catacomba con le monache invasate, diventa in effetti una martire, anzi una “Madonna delle 7 spade”, con l’ ultima delle quali infine arriva a uccidere, insieme a se stessa, anche il suo Angelo-Inquisitore-Persecutore».

Un po’ come fa la sua Carmen, quella «scandalosa» della Scala nel 2009, dove è lei a uccidere Don José, prima di morire?

«Bravo! Nell’ antro segreto di Renata (in scena e in canto è qui una cantante eccezionale dal nome, guarda caso, Angeles, alias la Angeles Blancas Gulin) in quel precipizio che è il nucleo vitalistico di Renata si moltiplicano pulsioni, desideri, ribellioni ed espiazioni, fino alla morte, martirio sublime.»

Emma Dante rientra nell’ ombra del Petruzzelli per continuare le prove. Ricordiamo che la regista palermitana nel Politeama barese («Qui a Bari e al Petruzzelli mi trovo sempre benissimo. Ambiente cittadino e lavorativo eccellente» ha sottolineato prima di accomiatarsi) ha già diretto negli anni passati alcune messinscene operistiche: una Muta di Portici di Auber nel 2013, una Voix humaine di Cocteau-Poulenc nel 2019, una Cenerentola di Rossini nel 2022.

Ne L’angelo di fuoco in debutto domani (h 20.30) la direzione dell’ Orchestra di Fondazione Petruzzelli è di Jordi Bernàcer, al Coro Marcovalerio Marletta. Le scene sono di Carmine Maringola, i costumi di Vanessa Sannino.

Privacy Policy Cookie Policy