SPETTACOLI
Un pizzico di Puglia ai Nastri d’Argento con il docufilm Mur di Kasia Smutniak
Il documentario è prodotto da Fandango, esordio alla regia di Kasia Smutniak: le ha fruttato il Nastro d’Argento Documentari 2024
Un diario intimo e una denuncia, condivisa da un occhio sensibile e attento ai dettagli. Mur è il docufilm con cui ha esordito alla regia Kasia Smutniak, e che le ha fruttato il Nastro d’Argento Documentari 2024 (insieme a Io, noi e Gaber di Riccardo Milani), assegnati dai Giornalisti cinematografici italiani, vinto per il «Cinema del reale» e nella sezione dedicata a «Cinema, spettacolo, cultura». La premiazione si è svolta ieri pomeriggio al Cinema Barberini di Roma, davanti all’emozionata attrice polacca, che negli ultimi mesi sta portando «Mur» in tour: la settimana scorsa è stata anche a Bisceglie, in un affollato Cinema Politeama Italia, dove ha dialogato con gli studenti degli istituti scolastici «Giacinto Dell’Olio» e «Sergio Cosmai», insieme alla co-sceneggiatrice Marella Bombini (biscegliese anche lei).
Prodotto dalla Fandango del barese Domenico Procacci, in associazione con Luce Cinecittà, il film è incentrato sul muro d’acciaio che per per 186 chilometri percorre il confine tra Polonia e Bielorussia. Una barriera costruita per respingere i migranti che tentano di entrare nell’Unione Europea in cerca di rifugio. Smutniak, insieme a degli attivisti locali, si sposta dalla casa di sua nonna fino alla zona proibita per riprendere e vedere coi suoi occhi quell’orrore d’acciaio di cui non esistevano foto.
Grazie all’aiuto di attivisti locali e con una leggerissima attrezzatura tecnica, la regista raggiunge il confine e filma ciò che non si vuole raccontare. Il primo muro respinge i migranti che arrivano da terre lontane, attraversando il bosco più antico d’Europa, una frontiera impenetrabile in un mare di alberi. Il secondo, quello di fronte alla finestra di casa dei nonni a Łódź, dove la regista giocava da bambina, è il muro del cimitero ebraico del ghetto di Litzmannstadt. «L’accoglienza non deve fare distinzioni - spiega Kasia -, chiunque sia in pericolo va soccorso: un continente che si definisca democratico non può innalzare muri».