Punti di vista

Candidati... candidi o meglio leoni e volpi?

Rossella Palmieri

Ieri come oggi la campagna elettorale si serve di un linguaggio che deve intrigare, accattivare e spesso anche dileggiare

«Mi meraviglio, o muro, che tu non sia crollato in rovina, tu che sostieni il peso di tanti slogan elettorali». È una delle scritte di Pompei, per lo più dipinte, rimaste intatte a dispetto del tempo e della lava. Ce ne sono molte altre, sapide, brevi; dei veri e propri slogan diremmo oggi. «Vi prego di eleggere edile Giulio Polibio. Porta pane buono» , si legge ancora. Potenza delle campagne elettorali a Roma che ci ha consegnato pagine memorabili dello scontro tra fazioni, uno fra tutti quello tra Cicerone e Catilina. E che dire del prontuario Commentariolum petitionis attribuito al fratello di Cicerone che dispensa consigli su come gestire il delicato momento elettorale? Cambiano epoche e strumenti - oggi un graffito parietale potrebbe essere il twitter di un politico - ma la sostanza resta la stessa.

Ieri come oggi la campagna elettorale si serve di un linguaggio che deve intrigare, accattivare e spesso anche dileggiare. Ancora Roma fornisce numerosissimi esempi sul modo di denigrare per i vizi privati gli avversari che si affrettano da par loro a coprirli sovrapponendo pubbliche virtù. Questo e altro accadeva mentre gli aspiranti alle cariche facevano bella mostra di sé con una toga bianca, candida, per essere ben visibili; di qui l’espressione candidatus «candidato» . Spesso la simulazione prendeva il posto della naturale disposizione del carattere, e del resto Machiavelli, secoli dopo, ha fotografato egregiamente questa contrapposizione nel Principe ricordando che un buon governante deve essere un simulatore e un dissimulatore, leone e volpe. Fin qui la storia che dimostra la ciclicità degli eventi, per quanto si possano modificare linguaggi e strategie.

Ma che dire delle campagne elettorali di casa nostra? Un amarcord: clacson strombazzanti, megafoni – e come non ricordare il celeberrimo Votantonio di Totò – santini rettangolari che piovono da cielo, sezioni di partiti ricavati da pianterreni, forse un po’ meno tristi di quelli che vediamo attualmente. Tutto, oggi, appare più virtuale, e ci adeguiamo ai social e alle loro declinazioni; ma ci piacerebbe una cosa, se fosse dato al cittadino comune il potere di elargire qualche consiglio. Abbiamo bisogno di contenuti, ma anche di un’altra cosa fondamentale: emozionarci. Ma non abbiamo bisogno di un palpito emotivo mordi e fuggi che si consuma nello spazio di un mese. Piuttosto, di sconfiggere l’indifferenza e la rassegnazione con un’emozione duratura e tangibile.

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