Punti di vista
Quel fuoco nei campi amati da Giuseppe Ungaretti
Il grande poeta le celebrò nelle «Prose daunie» quale «regno dell’aridità» che sa trasformarsi, con miracoloso rovesciamento vitale
«Il fuoco è vacillante. Questa luce basta un soffio ad annientarla, una scintilla a riaccenderla». Lo diceva il teorico degli elementi naturali, il francese Bachelard, e concordiamo con lui in relazione a quanto accaduto in questi giorni; due episodi, uno reale, uno simbolico, hanno a che fare con il fuoco.
Il primo, doloso, ha lambito Siponto, la sua pineta e un pezzo della statale in prossimità della Santa Lucia, beffardo scempio persino di colei che protegge gli occhi. E invece no, devono essere offuscati da intense cortine di fumo e lambiti da squarci di fiamme, oltre a dare zolfo a una piaga annosa – quella degli incendi dolosi per mani assassine di sconsiderati piromani – che non conosce requie. Cinquanta ettari di macchia mediterranea si sono polverizzati così, lasciando riarsa e brulla questa terra che Ungaretti tanto amò, celebrandola nelle Prose daunie quale «regno dell’aridità» che tuttavia sa trasformarsi, con miracoloso rovesciamento vitale, «nell’ondeggiare del grano impazzito». Poco o nulla si può aggiungere a tale devastazione gratuita, che in questo territorio funestato da tanto altro non fa che confermare quel triste adagio dell’autodistruzione che pesa come un macigno su tutto, sempre e comunque. E non si capisce perché. Ma per fortuna oggi celebriamo l’altra faccia del fuoco, dal Gargano in fiamme ai freschi Monti Dauni.
A Castelluccio Valmaggiore c’è una splendida torre bizantina, in un tempo lontanissimo sede di osservazione della strategica Via Traiana e oggi museo che accoglie una sezione archeologica e una naturalistica che compendia l’habitat della valle del Celone. Ebbene, complice tale scenario, l’americano Isaac ha chiesto la mano della sua amata Julia che, commossa, ha detto il suo yes. Il momento, immortalato sui social, ci rallegra immensamente. Un fuoco come si deve, almeno, una passione che viene suggellata qui, in luoghi di bellezze uniche che evidentemente solo noi del luogo non sappiamo cogliere e valorizzare: per essere scenario di così importante proposta, non vi è dubbio che debba avere una magia particolare. Ringraziamo Isaac e Julia per aver regalato anche a noi questo loro attimo unico; siamo loro grati per aver dato corpo e voce a quell’inno alla vita della pur sofferente artista messicana Frida Kahlo che sapeva cogliere il «colore», come noi il fuoco, quello sano, dappertutto. «Innamorati di te, della vita e poi di chi vuoi. Per poi, condividere l’amore con gli altri».