Punti di vista

Quando la letteratura prova a lenire certi dolori

Rossella Palmieri

Ci si può scagliare contro il destino avverso che ha colpito Daniel e Stefan, ma nessuna cifra in prosa o poesia può essere consolatoria

«Muore giovane chi è caro agli dei», sentenziava il greco Menandro. Gli aveva fatto eco Leopardi, ma ciò che con magistrale sintesi sono riusciti a dire questi scrittori, noi facciamo fatica a declinarlo. Fanno fatica i genitori di Daniel e Stefan, i fratellini che hanno avuto solo l’idea di trovare refrigerio in un vascone non sapendo che lì si annidava l’ora fatale. Ma che colpa ne hanno loro, così piccoli e fragili; semmai, quelle di omissione, figlie di scarsa vigilanza, superficialità e pressapochismo, le appurerà la magistratura. Ci si può scagliare contro il destino avverso e sicuramente nessuna cifra consolatoria laica, né quella di Menandro, né quella di Leopardi, può lenire la ferita che dalla famiglia dei piccoli dovrebbe toccare il cuore di tutta la comunità.

Ognuno vive queste tragedie a modo proprio – infelici storie che da personali diventano corali esattamente come in una tragedia greca – ma forse era il caso di aspettarsi un gesto in più dalla comunità, fosse solo quello silente di partecipare con la propria presenza ai funerali dei bambini. Ha fatto bene il Vescovo Franco Moscone a evidenziare la mancanza della cittadinanza in un momento così doloroso; a volte, o meglio spesso, occorre fare i conti con la realtà e in tante amare circostanze Padre Moscone ha fatto sentire la sua voce forte e chiara.

Dov’è, insomma, la comunità? Perché non si stringe intorno al dolore di questa famiglia distrutta? È ancora troppo forte lo iato tra la comunità medesima e i migranti? E i piani di integrazione sono ancora di là da venire per un Paese che voglia dirsi civile? Sono queste le riflessioni che dovrebbero scuotere le coscienze all’indomani dei funerali, quando il dolore, già poco condiviso, resta solo in mano ai genitori e ai fratellini di Daniel e Stefan. La morte di due piccoli resta il mistero più grande della fede dei credenti; una dura prova su cui cala un silenzio incomprensibile, e seppure darà risposte sulla base dell’appuramento dei fatti, poco possono, tali risposte, lenire una ferita di così vasta portata, capace di fare a pezzi qualsiasi nostra pretesa di controllo. Cari Daniel e Stefan, che la terra vi sia lieve; che il vostro sacrificio possa portare a un punto diverso – e migliore – di integrazione, partecipazione e affetto, al momento non pervenuti. Vogliamo riprendere a credere che i bambini piccoli siano figli di tutti noi e, come tali, bisognosi di cure materiali (le istituzioni se ne faranno carico, ci auguriamo) ma soprattutto di cuore.

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