Punti di vista

Il calcio, tra inferno e paradiso, sul crinale rossonero

Rossella Palmieri

Grazie ai suoi 11 in campo è riuscito a esorcizzare il presente difficile nel nome di un futuro possibile

Ineluttabilità, folgorazione, stupore e irreversibilità. Così definiva il goal Pier Paolo Pasolini. E ne constatiamo la veridicità nella tiepida sera del dopo partita, quando questo gruppo di caparbi ragazzi ha dato corpo ai sogni degli ottimisti e sconfessato i pronostici dei pessimisti. Ci hanno insegnato una grande lezione in quel lasso di tempo che con i supplementari sembra infinito, un crinale tra inferno e paradiso dove basta niente per andare di qua o di là; per non parlare dei rigori, perché chi ha la ventura di calciarli sa che in partite del genere avrà forse per tutta la vita il peso dell’errore o la dolcezza della riuscita. Che diventa quasi epica.

Così è successo al Foggia che con i suoi 11 in campo è riuscito a esorcizzare il presente difficile nel nome di un futuro possibile benché lontano: l’agognata finale. «Se puoi sognarlo, puoi farlo»; l’iconica frase di Walt Disney non alberga in un fumetto e men che meno in un mantra magico. Il sogno, qui, è frutto di allenamenti e ostinazione, un vedere oltre ispirato dalla fiducia. Fiducia, questa sconosciuta. In una città che sembra portarsi dietro lo stigma della sconfitta, dove volere non è mai potere, ovvero poter fare, diciamo grazie a questi giovani che hanno esorcizzato il lato della luna oscuro e crudele dove aveva trovato spazio, qualche giorno fa, persino una inspiegabile polemica contro Zeman – per contrappasso al Pescara – fischiato da tutti i settori dello stadio. Ma come, lui che ci aveva fatto sognare ed esultare a lungo, è stato trattato così, travolto da memoria corta e ingratitudine? Per un attimo ci è sembrato il caso di andare a trovare la spiegazione di tale insensatezza su un altro pianeta, Marte o Venere, almeno i più vicini alla Terra, alla nostra terra fatta di mille contraddizioni.

Ma quando le spiegazioni non si trovano, allora è il caso di ritornare quaggiù e con i nostri strumenti riguardare queste sequenze di sogno; e allora i tempi supplementari ci appaiono come una metafora della vita, un «di più’» concesso per sanare errori e distrazioni che nel tempo ordinario ci hanno fiaccato. Ieri la città, tappezzata di bandiere rossonere ammirate dai bambini che il sogno sì, lo sanno coltivare, mostrava il suo volto più allegro e frizzante. Quanto vorremmo fosse sempre così, e utilizzare questo momento per realizzare che la vita fa delle giravolte imperscrutabili almeno quanto un pallone nella sua capricciosa traiettoria. E in questo interregno c’è, spesso, lo spazio giusto per la vittoria.

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