Punti di vista
Da duemila anni si ripete la storia di Io
Un giorno Zeus, tramutatosi in uomo, l’avvicina dicendo di amarla. Lei lo rifiuta e scappa, lui la raggiunge e la violenta
Io è una giovane donna piena di quelle qualità che nel tempo in cui vive vengono chiamate virtù. Un giorno Zeus, tramutatosi in uomo, l’avvicina dicendo di amarla. Lei lo rifiuta e scappa, lui la raggiunge e la violenta. Dopodiché la tramuta in giovenca per fare in modo che sua moglie Era non scopra il tradimento.
Io, ormai mucca, viene affidata a un guardiano dai cento occhi. Tempo dopo, un messaggero vorrebbe liberarla ma non è facile, per distogliere tutti quegli sguardi occorre una vera magia: occorre la musica.
Cullato dal suono del flauto del messaggero, per la prima volta il guardiano chiude tutti e cento gli occhi e dietro le palpebre impara a vedere ciò che non c’è, impara a immaginare. Io ha perso le braccia, la voce, la dignità, gli affetti, la fiducia. Le rimane, però, il bisogno di libertà.
Allora fugge e ricomincia a correre, ma la serenità è ancora lontana.
C’è un tafano che la insegue, la punge e la tormenta. È letteralmente il tarlo che logora la sua mente, il passato che non la lascia stare. Io, disperata, per sfuggirgli si getta in un mare che da quel giorno prenderà il suo nome, lo Ionio, e attraversa uno stretto che in suo onore verrà chiamato «passaggio della giovenca», ovvero Bosforo. Sbarca in Egitto stanca, assetata, ferita, arsa dal sole. Tutto questo dolore è nato da una dichiarazione d’amore. Si è mai sentita un’assurdità del genere? Disperata, piange.
E le lacrime sciolgono il corpo di animale e fanno riapparire la donna. Io ritrova la voce e ride, non vuole fuggire più. Non vuole vendetta e neppure pietà, la giustizia che le interessa è quella per sé.
Sono più di duemila anni che la storia di Io continua a ripetersi, diventando la storia di altre donne che prendono in prestito il suo nome per iniziare, con quelle due lettere, una frase intima, che parli di loro. Tutte queste donne, che il mare omaggia portandone il nome, e che alla fine si liberano da sole, non ce la farebbero mai senza l’aiuto di una musica che serra gli sguardi spietati e spezza le catene. A noi tutti la responsabilità di imparare a suonarla.