Punti di vista

In mezzo scorre il teatro «Koreja»

Luisa Ruggio

Quel che conta è la fede, è la tua fiducia, l’averci creduto dando forma ad un folle traguardo e, soprattutto, a quel certo modo di stare al mondo. E questa alta fedeltà specifica, risuona non soltanto al termine del primo studio de “Il lavoro sul lavoro + Le donne”, portato in scena dal Teatro dei Borgia e Teatro Koreja in apertura di questa nuova stagione di Strade Maestre, trova infatti il suo diapason maggiore proprio nella centralità che ogni spettatore ha percepito sottilmente non appena ha varcato, ancora una volta come la prima, la porta che immette al foyer con l’angolo dedicato al botteghino dei Cantieri Teatrali che restano una certezza in fondo a Via Dorso.

L’occasione di questa riflessione è data dalla XXVI edizione del progetto che da tanto tempo riporta tutto a casa, tutto a teatro. Poiché dentro questo luogo, che è una via di fuga e di restanza salvifica per chi a Lecce ci vive tutto l’anno e ci lavora e continua a sognare ad occhi aperti e chiusi, ogni stanza – non solo il palcoscenico – è illuminata. Così, l’invito a far parte degli ospiti che per due serate hanno potuto partecipare, mica solo assistere, alla restituzione di un laboratorio permanente che diventa lo spettacolo diretto da Giampiero Borgia e che pone l’accento su molta guerra e pace al plurale femminile versus un singolare maschile, offre a chi credeva di potersene restare seduto in prima o in ultima fila, l’occasione di sentirsi parte di una stesura infinita che va in scena e trascina tutto e tutti dentro un viaggio oltre quelle porte solitamente chiuse.

Le porte sul retro della platea, per esempio, quelle delle cucine per gli addetti ai lavori, l’area dedicata al bar, fino a spostare il punto di vista con le sedie da occupare direttamente in scena, nel ventre di questa balena, mentre gli artisti delle due compagnie scorrono sapendo che questa ricerca “Si compirà, poi, nella riconsiderazione del momento di incontro con lo spettatore, inteso come complice di un’esperienza.”

Così è dopo ogni vero incontro, del resto. Quel che si compie, poi, nello spettatore, è questa misteriosa trasfigurazione di un teatro che è ogni altrove teorico possibile e impossibile, e dopo gli anni terribili della pandemia - che ci aveva tolto ogni pratica di rivelazione - splende con una forza tutta sua, la densità generosa e varia delle storie che lo hanno abitato, amato, sentito pulsare come un faro a indicare le Strade Maestre: “e darà nuovi canti questo amore”. Buona stagione a tutti noi, in mezzo scorre Koreja.

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