Giovedì 18 Dicembre 2025 | 17:42

Auto, i dubbi dei concessionari pugliesi dopo la svolta di Bruxelles

Auto, i dubbi dei concessionari pugliesi dopo la svolta di Bruxelles

 
leonardo petrocelli

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leonardo petrocelli

Auto, i dubbi dei concessionari pugliesi dopo la svolta di Bruxelles

Maldarizzi: partorito un topolino. Marino: il vero nodo resta il costo dell’elettrico. L’Ue abbassa al 90% la soglia di riduzione della Co2 Spazio a ibride e biocarburanti

Giovedì 18 Dicembre 2025, 14:17

14:26

È tutta una questione di sfumature. La decisione di Bruxelles di abbassare dal 100% al 90% l’obiettivo produttivo di auto elettriche nel 2035, lasciando una quota a ibridi e combustibili bio (bio-fuel e e-fuel), apre la discussione tra chi si confronta con il mercato ogni giorno. L’anello che congiunge produttori e consumatori, cioè il mondo dei concessionari, si tiene in equilibrio: niente facili entusiasmi ma nemmeno irrigidimenti pregiudiziali. Sfumature, appunto. Come un tergicristallo che si muove fra la presa d’atto di un segnale positivo e la consapevolezza che l’apertura non cambi poi così tanto le carte in tavola.

«Possiamo sintetizzarla così: la montagna ha partorito il topolino», commenta Francesco Maldarizzi, Cavaliere del Lavoro e presidente dell’omonimo gruppo. «La questione, carte alla mano, va compresa con attenzione, al di là dei titoli dei giornali e oltre le consuete semplificazioni. Innanzitutto i numeri: parliamo di una deroga del 10%, non del 40%. E soprattutto riguarda carburanti non fossili, i famosi “bio”. Si tratta di carburanti, che solo ora iniziano a circolare, costosi e almeno al momento non prodotti in Italia». Dunque se questi sono i «fatti», quale il giudizio nel merito? «A voler essere positivi si tratta di una apertura, ma insufficiente. Piuttosto, sarebbe stato necessario - conclude Maldarizzi - lasciare quel 10% di motori endotermici con i carburanti normali applicati alle motorizzazioni di nuova generazione. Questa sarebbe stata un’apertura reale».

Più positiva la valutazione di Miriam Loiacono, Ceo di Autoclub group: «Mi vengono in mente due frasi. La prima è “meglio tardi che mai”. La seconda “speriamo non sia troppo tardi”. Vanno bene entrambe. È da tempo che chiediamo un cambio di rotta e purtroppo dei danni sono stati già fatti». La memoria corre alla famosa «Lettera all’Europa» di Luca de Meo, ex capo di Renault, che nel marzo 2024, si rivolse a Bruxelles invocando una mobilitazione strategica a sostegno della transizione industriale del comparto auto. Proposte e input rimasti nel cassetto. Nel merito, riprende Loiacono, «si tratta di un pacchetto di misure interessanti. Non penso solo al 10% ma anche alle agevolazioni nella produzione di batterie. Si va nella direzione giusta, finalmente, dopo i guasti dovuti a prese di posizione ideologiche non sempre legate alla vera difesa dell’ambiente». L’industria europea, piegata dalla pandemia e in tanti aspetti dipendenti dall’estero, ha infatti dovuto avviare ingenti investimenti per programmare l’elettrificazione dell’intero parco auto. Un danno, né più né meno, aggravato da politiche quantomeno singolari come sostiene Loiacono che conclude: «Che senso hanno ecobonus fino a 11mila euro se poi nei borghi mancano le colonnine per ricaricare le auto? Ma l’industria europea ha dimostrato grande capacità di resilienza. Vediamo il bicchiere mezzo pieno».

Diffida dai facili entusiasmi anche Francesco Marino, amministratore delegato dell’omonimo gruppo: «Si apre una nuova partita in continuità con la vecchia, ma diciamoci la verità: con una deroga al 10% non è cambiato moltissimo. La linea rimane quella di spingere i costruttori a perseverare nella produzione dell’elettrico». Il pacchetto di misure è più articolato e si espande oltre una mera questione di «quote». C’è infatti la sfida dei nuovi carburanti, «per i quali c’è ancora da fare ricerca» e anche quella dell’acciaio «made in Europe» a minore impatto ambientale. Formule compensative i cui effetti, però, al momento restano oscuri. Ed è qui che Marino insiste: «Che effetto avranno i nuovi standard sul prezzo finale? Per logiche produttive e dinamiche di recupero dei materiali, spesso detenuti da Paesi esteri, oggi un’elettrica costa il 30% in più di un’auto a motore termico. E con un’autonomia limitata. Penso al comune cittadino ma anche a chi lavora nella logistica: nel 2030, in Italia, i furgoni leggeri dovranno essere elettrici per una quota del 40%. Quanto costeranno? Saranno convenienti?». Domande che interrogano il mercato «vivo», al di là degli obiettivi ideologici e delle fredde quote riportate dai documenti. Il percorso, naturalmente, è lungo. «Vedremo quello che succederà - conclude Marino - soprattutto nelle ricadute concrete che, poi, sono quelle che toccano i cittadini».

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