L'inchiesta

Così la banda dei datteri serviva anche i vip: «Portami 3 chili, devo darli a uno importante»

massimiliano scagliarini

Scoperta la banda che tra Molfetta e Barletta pescava e rivendeva i molluschi vietati: fino a 100 euro al kg. «Hanno distrutto i fondali»

«Stiamo a fare la media di mille euro al giorno», diceva al telefono uno dei «datterari» di Molfetta. Erano, in realtà, molti di più: almeno 9.200 euro incassati (chiaramente in nero) dal 9 al 15 agosto 2024, dopo aver raccolto non meno di 20 chili di molluschi dai fondali dell’Adriatico, distruggendo la roccia a colpi di martello. Un’attività vietatissima che ieri ha portato a 35 arresti: la Procura di Trani ha smantellato la banda dei datteri, con un’operazione che ha ricostruito tutta la filiera dalla raccolta fino al consumatore. E qualcuno degli acquirenti è pure finito dentro.

È il caso di Ignazio Larizzi, un vecchio arnese dei clan di Bari Vecchia, tra le 10 persone cui il gip Ivan Barlafante ha applicato il braccialetto elettronico per i domiciliari: dai «datterari» di Molfetta ha comprato più di 2 chili di frutti di mare, troppi per il solo consumo personale. Altre 25 persone sono invece finite in carcere, accusate - a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità - di associazione a delinquere finalizzata al disastro e all’inquinamento ambientale, danneggiamento e deturpamento di beni paesaggistici, violazioni in materia di pesca, resistenza e minaccia a pubblico ufficiale.

Il gip ha applicato anche 11 divieti di dimora, tre obblighi di dimora e ha disposto dieci sequestri preventivi. Sono stati colpiti i locali utilizzati per la vendita e lo stoccaggio, e sono stati chiusi i ristoranti che acquistavano i datteri per servirli ai clienti a Terlizzi, Cerignola e Margherita (in questo caso in uno stabilimento balneare).

Gli indagati (sono difesi tra gli altri dagli avvocati Felice Petruzzella di Molfetta e Michele Ippedico di Terlizzi) sono soprattutto pescatori e ambulanti dei mercati locali, tutti imparentati tra loro, ma anche insospettabili tra cui dipendenti pubblici e commercianti. Tra gli acquirenti comuni (nell’ordinanza cautelare i nomi sono stati nascosti) ci sono anche persone molto in vista del Nord Barese: uno degli intermediari è stato intercettato mentre chiede tre chili e mezzo di datteri per «una persona importante». Altri acquirenti, che hanno comprato quantità rilevanti presumibilmente per la rivendita, sono stati accusati di ricettazione e posti ai domiciliari. Gli interrogatori di garanzia cominceranno oggi per tutti, anche in videoconferenza.

L’indagine è partita nel 2023 con il sequestro, su una bancarella del mercato ittico di Molfetta, di 5 kg di «taratuffi», i limoni di mare di cui è vietata la vendita. Dall’esame del cellulare dell’ambulante sono emersi i messaggi con i fornitori, tra cui quelli che gli consegnavano i datteri. Chi indaga ha dunque ricostruito la catena, dall’approvvigionamento in mare fino agli intermediari e ai rivenditori: è così emerso che i datteri, nel corso del 2024, erano disponibili quasi ovunque e alla luce del sole, ai mercati ittici di Giovinazzo, Bisceglie e Molfetta, in qualche bar, in alcune pescherie (a prezzi di 40-50 euro al chilo all’ingrosso e fino a 100 euro per l’utente finale) e nei ristoranti. Un mollusco prelibato di cui è vietata sia la detenzione che la vendita perché la loro pesca distrugge l’habitat marino. E infatti il gip Barlafante ha riconosciuto l’«azione devastatrice» degli indagati cui è contestata l’associazione per delinquere, perché «frantumando meccanicamente con mazzuoli le formazioni calcaree in cui sono alloggiati i suddetti molluschi» avrebbero distrutto tra «65 e 115 metri quadri circa di fondale». «Allora lì hai spaccato tutto?», dice il 48enne Lorenzo Sinigaglia, uno degli arrestati in carcere, al suo fornitore di datteri: Sinigaglia risponde anche di peculato, perché per andare a fare le consegne utilizzava l’auto della Multiservizi Molfetta di cui è dipendente, oltre che di minacce nei confronti dei militari che lo avevano sottoposto a controlli.

Utilizzando intercettazioni e pedinamenti è stata ricostruita l’intera filiera. Lo sbarco dei gommoni con i datteri raccolti durante le battute notturne avveniva nel porto di Molfetta, da dove poi i molluschi venivano portati in locali privati per il confezionamento in buste da 500 grammi o da un chilo pronte per essere distribuite. Un’attività che - secondo la Procura di Trani - veniva pagata 25-35 euro a notte ai «marinai», ma che per gli organizzatori era notevolmente lucrosa: le telecamere hanno ripreso i principali indagati mentre contano mazzette di banconote, e dalle intercettazioni è emersa la riqualificazione di un meccanico che si è riciclato come pescatore di frodo.

Privacy Policy Cookie Policy