Malaburocrazia

Puglia, in lista d'attesa tre anni per cambiare sesso. Il Tar: «La Regione autorizzi l'intervento all'estero»

massimiliano scagliarini

Il Policlinico di Bari blocca il parere che consentirebbe alla Asl di un'altra provincia di sostenere le spese per l'operazione a Belgrado. La sentenza dei giudici amministrativi

Una sentenza del Tribunale civile della sua città la ha autorizzata da tempo a cambiare sesso e ad ottenere i nuovi documenti con il nome che ha scelto. Ma sono già passati due anni e M. (la chiameremo così, evitando riferimenti al luogo) è ancora costretta a vivere in un corpo di uomo: in Puglia c’è una lista d’attesa anche per la transizione di genere (si superano i tre anni) e in altri ospedali italiani non va molto meglio. L’alternativa è andare all’estero, ma per ottenere il rimborso dalla Asl serve un parere che il centro di riferimento regionale non può o non vuole dare. Una storia di malaburocrazia sulla quale ieri si è pronunciato il Tar di Bari: una sentenza ha stabilito che la Regione ha 30 giorni di tempo per esprimersi, dopodiché il caso finirà nelle mani di un commissario ad acta.

In Puglia era già capitato un caso simile, in un altro luogo. La differenza, stavolta, è che M. - sulla base di documentazione medica - ha chiesto alla sua Asl di potersi sottoporre alla vaginoplastica in una clinica privata di Belgrado, dove l’intervento viene peraltro eseguito con una tecnica innovativa. La Serbia è infatti diventata uno dei poli per la chirurgia transgender, innescando una sorta di turismo medico da tutto il mondo. In Italia l’intervento per la transizione di genere è a carico del sistema sanitario nazionale, che - in base a un decreto ministeriale - può autorizzare il paziente a sottoporsi a cure specializzate all’estero: ma serve, appunto, il parere della Regione...

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