il caso

Puglia, il pasticcio del Film Fund. Il centrodestra contro la presidente di Film Commission: «Quando era pm avrebbe denunciato in Procura»

Massimiliano Scagliarini

L’audizione in Consiglio dopo il caso raccontato dalla Gazzetta. La Tosto: «Faremo tutti i controlli»

BARI - Domani il nuovo responsabile anticorruzione dell’Apulia Film Commission avvierà l’istruttoria sul caso dell’impiegata-imprenditrice Martina Lovascio, proprietaria del 15% della società di produzione Disparte che ha partecipato (ottenendo 315mila euro) all’avviso pubblico per i contributi europei del Film Fund con una procedura in cui la stessa Lovascio ha svolto il ruolo di segretaria della commissione. Nei suoi confronti Afc avviera l’«azione disciplinare» perché la dipendente ha omesso di rendere nota la sua partecipazione alla società, ma la presidente della Fondazione, l’ex magistrato Annamaria Tosto, ha già stabilito che l’assegnazione dei fondi è avvenuta in modo regolare: «Sui giornali - ha detto la presidente - si può scrivere quello che si crede, ma noi dobbiamo applicare la normativa. Se un dipendente ha violato il codice etico prenderemo le misure opportune, ma questo non deve pregiudicare la procedura».

Tosto, insieme al direttore generale Antonio Parente, è stata ascoltata ieri in commissione Cultura su richiesta dei consiglieri Grazia Di Bari (M5s), Tonia Spina, Luigi Caroli e Tommaso Scatigna (Fdi) e Fabio Romito (Lega) dopo l’articolo della «Gazzetta» che l’11 maggio ha raccontato il caso. «Questa notizia ci ha colto di sorpresa nel senso che agli atti di Afc non risultava alcuna comunicazione da parte della dottoressa Lovascio. Abbiamo investito il responsabile anticorruzione per verificare se le notizie giornalistiche rispondono al vero. La questione è sorta 8-9 giorni fa, non appena avremo conferma - se avremo conferma - ci riserviamo di adottare tutte le iniziative del caso sia sul piano disciplinare che sul piano dell’organizzazione».
Due giorni dopo l’articolo, Film Commission aveva risposto alla «Gazzetta» che è tutto regolare. Ieri si è appreso che sulla vicenda Lovascio nessuna verifica è stata ancora fatta, ma la dottoressa Tosto ha già tratto le sue conclusioni: il conflitto di interessi della dipendente - ha infatti detto la ex magistrata inquirente - «non ha avuto incidenza sulla correttezza delle scelte fatte dalla commissione tecnica» che ha valutato i progetti (tra cui anche quello della società di produzione di cui Lovascio possiede il 15%). Di più: secondo la presidente Tosto siamo di fronte a «una vicenda di infedeltà di un singolo dipendente che non ha avuto alcun potere decisionale. La dottoressa Lovascio non è stata formalmente investita di un compito di segreteria del progetto». Se ne deve dunque concludere che la Lovascio abbia firmato abusivamente i verbali della commissione.

Il tema vero del «caso montato dai giornali» (come lo ha definito la Tosto) è però quello dei mancati controlli sui meccanismi di assegnazione dei 13 milioni di fondi europei del Film Fund, per i quali le regole di Bruxelles impongono trasparenza e assenza di conflitti di interessi anche potenziali: è su questi che Afc (nella sua qualità di organismo intermedio) dovrebbe tenere gli occhi aperti. E infatti sulla versione fornita dalla presidente Tosto sono arrivate le rimostranze del M5s e di FdI. Ma qualche velata critica è arrivata anche da Pierluigi Lopalco (Pd). «Otto-nove giorni sono stati anche troppi rispetto alla necessità di verificare un fatto abbastanza serio - ha detto la consigliera Spina -. Ritengo di dover ringraziare chi ha il coraggio di andare a verificare e a leggere le carte anche al posto nostro». Lopalco ha (acutamente) chiesto di sapere se la società di produzione era tenuta a dichiarare se tra i soci c’è un dipendente di Apulia Film Commission, e se la dipendente era tenuto a dichiarare il possesso di quella quota. «Siamo di fronte a un caso così evidente che per accertarlo bastava una visura camerale», ha commentato Scatigna. Di Bari ha chiesto di disporre l’esclusione in autotutela della Disparte dalla graduatoria degli ammessi al beneficio economico (Tosto si è riservata di valutare questa ipotesi chiedendo un parere all’Anac). «Non è che qualsiasi condotta integra un reato - ha poi detto la presidente riferendosi alla richiesta del centrodestra di portare le carte in Procura -. Ad oggi io so soltanto che questa dipendente ha omesso una dichiarazione. Non mi sono rivolta alla Procura e non intendo farlo finché non avrò elementi per dire che la dipendente ha violato il codice penale». Cosa che poteva astrattamente essere ipotizzata se esistesse ancora l’abuso d’ufficio.

A margine dell’audizione è così partita la polemica sul tema dei mancati controlli. «Riteniamo - ha commentato Di Bari - che la presenza della Lovascio all’interno della commissione avrebbe dovuto essere esclusa a priori». «La sensazione - hanno detto i consiglieri Caroli e Spina - è che la presidente Annamaria Tosto non fosse a suo agio a essere “interrogata” anziché “interrogare” forse per la prima volta nella sua vita e che abbia dismesso i panni della procuratrice per rivestire quelli di un’autorevole esponente della società civile chiamata dal potente di turno, il presidente Michele Emiliano, al vertice di una partecipata pubblica». Ancora più esplicito Scatigna: «Ma se la presidente Tosto fosse stata ancora un magistrato, avrebbe aperto o no un’inchiesta sulla vicenda?».

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