Dopo la polemica
Regione, archiviato il fascicolo sulla consulenza a De Simone: il danno erariale c'è ma è coperto dallo «scudo»
La Corte dei conti: il contratto alla consigliera del governatore doveva essere gratuito. Ma non si possono chiamare in causa Emiliano, Stefanazzi e Catalano
BARI - Il contratto alla consulente Titti De Simone ha prodotto un danno patrimoniale rilevante perché i regolamenti regionali prevedono la gratuità degli incarichi conferiti «per l’attuazione del programma». Ma in assenza di prova del dolo, e visto lo «scudo erariale» voluto dal governo Conte nel 2020 e tutt’ora in piedi, la Corte dei conti deve fermarsi e non può procedere con l’azione di responsabilità. È per questo che la Procura regionale ha disposto l’archiviazione del procedimento che riguarda, oltre che il presidente Michele Emiliano, anche il capo di gabinetto Giuseppe Catalano e il suo predecessore Claudio Stefanazzi.
Giovedì il procuratore Carmela de Gennaro ha notificato la chiusura del fascicolo, al termine di un istruttoria che ha visto come ultimo atto l’ascolto dei tre incolpati. De Simone ha firmato nel 2015 un contratto da 65mila euro lordi l’anno come consigliere del presidente Emiliano. La ex parlamentare, diploma di istituto tecnico, non ha i requisiti per svolgere una consulenza specialistica, soprattutto in materia di politiche di genere. Partendo da questa considerazione (e della circostanza, raccontata dalla «Gazzetta», che non esiste prova del lavoro svolto dalla De Simone nel corso degli anni) la Procura contabile ha ipotizzato un danno pari a 419mila euro contestando il dolo eventuale.
Ma poi, appunto, le spiegazioni offerte dagli incolpati hanno modificato il quadro almeno sotto il profilo soggettivo della condotta contestata. Emiliano (assistito dall’avvocato Filippo Panizzolo) ha infatti spiegato che quello della De Simone è un incarico politico, per sua natura fiduciario, regolato da un decreto del presidente del 2021 che lascia ampia discrezionalità in merito all’individuazione del consigliere. Quello che poi è stato materialmente scritto nel contratto della De Simone dipende dall’istruttoria fatta dagli uffici, che dunque - nella circostanza - non avrebbero interpretato correttamente le «istruzioni» giunte dal livello politico, utilizzando la diversa forma della consulenza tecnica specialistica che - invece - non era applicabile. Stefanazzi (avvocato Luca Vergine) ha anche lui spiegato di essersi fidato del contratto predisposto dal gabinetto, fermo restando che si trattava di consulenza per l’attuazione del programma. Più sfumata già in partenza la posizione di Catalano, cui era invece contestato in via sussidiaria di non essere intervenuto per impedire il danno per una quota pari a 122mila euro.
La Procura contabile ha comunque osservato da un lato che le 11 righe di curriculum della De Simone non ne dimostrano la competenza tecnica, dall’altro che, sempre sulla base dei regolamenti regionali, i contratti «per l’attuazione del programma di governo» come quello della De Simone devono essere a titolo gratuito. Da qui il danno pari a 65mila euro l’anno (oltre contributi) per le casse regionali, per un totale di 419mila euro erogati da maggio 2019 a giugno 2024. Tuttavia il procuratore ha escluso la condotta dolosa: è ravvisabile al più una colpa grave nella mancata osservanza del decreto del 2021. Ma la colpa non è (più) perseguibile in base all’articolo 21 del Dl 76/2020, uno dei decreti «semplificazione» di Conte (emanato durante l’emergenza Covid e più volte prorogato, ora fino ad aprile) per superare «la paura della firma»: da qui la decisione di archiviare.