Politica
È partita la stretta sulle nomine: «Applicare la norma Laricchia»
Regione, lettera agli assessorati: fornire la lista di tutti gli incarichi per preparare gli avvisi pubblici. Dovrà farli il prossimo presidente
BARI - Entro il 30 marzo la Regione dovrà pubblicare l’elenco delle nomine di competenza della giunta regionale, per le quali sarà necessario acquisire le candidature attraverso un avviso pubblico. È l’effetto dell’entrata in vigore della «norma Laricchia», l’articolo 242 inserito nel bilancio 2025 con il suo corredo di polemiche.
Ieri il segretario generale della presidenza, Roberto Venneri, ha scritto a tutti i direttori di dipartimento dando il via formale all’applicazione delle nuove regole: in particolare all’istituzione del registro unico regionale degli incarichi previsto al comma 24 (da pubblicare entro il 30 marzo), e all’elenco delle nomine e delle designazioni da effettuare. L’elenco che riguarda il 2026 dovrà essere pubblicato entro il 30 settembre. È per questo che Venneri ha chiesto a tutti i Dipartimenti di fornire le «informazioni necessarie ad adempiere» ai nuovi obblighi: e dunque di fornire (entro giovedì) l’elenco delle nomine, la relativa fonte normativa, la durata dell’incarico, la data di scadenza e l’eventuale compenso previsto.
L’emendamento di 24 pagine al bilancio 2025 predisposto dalla Laricchia e controfirmato anche dal leghista Giacomo Conserva ha l’effetto di sottrarre dalla competenza della giunta (e dunque da quella del presidente) tutta una serie di nomine negli enti regionali, non solo quelle di garanzia, consegnandole - nei fatti - alla trattativa tra maggioranza e opposizione. Le scelte del presidente della Regione vengono sottoposte al potere di verifica del Consiglio, cui la giunta deve presentarle 45 giorni prima: è vero che le scelte devono avvenire a valle di un avviso pubblico, ma è anche vero che le candidature possono essere presentate non solo dai singoli interessati ma anche, per conto terzi, dai capigruppo consiliari, da sindacati, Università, dagli ordini professionali e anche da cento cittadini pugliesi. L’altro punto - su cui gli uffici della giunta stanno ancora lavorando - riguarda lo spacchettamento delle competenze sulle nomine nei consigli di amministrazione: quelle dei presidenti sembrerebbero essere state assegnate al Consiglio, mentre quelle dei consiglieri sembrerebbero essere rimasti alla giunta. C’è poi il divieto di nominare i «trombati», ovvero i candidati non eletti alle precedenti consultazioni regionali: in molti nella maggioranza pensavano che la norma sarebbe stata impugnata, ma così non è stato.
La lettera della segreteria generale della presidenza è un segnale doppio. Il primo è che Emiliano non intende sottrarsi all’applicazione di una norma su cui, pure, ha talmente tante perplessità da aver presentato un esposto alla Procura. Il secondo è un segnale politico destinato a chi verrà dopo di lui: poiché infatti l’entrata in vigore è fissata al primo giugno (e dunque nei fatti al 2026, sulla base dell’elenco che sarà pubblicato a settembre), il problema sarà tutto in mano al prossimo governatore. Come dire: ci sono sei mesi per intervenire e cancellare (o modificare) l’articolo, o altrimenti le prerogative del presidente della Regione ne risulteranno dimezzate. Fuori dal nuovo meccanismo resteranno, infatti, soltanto le Asl.
In parallelo al tema politico c’è quello giudiziario. All’antivigilia di Capodanno, infatti, Emiliano aveva segnalato al procuratore di Bari, Roberto Rossi, un possibile falso nel procedimento di formazione della legge di bilancio proprio in relazione alla norma Laricchia. Questo perché l’articolo 242, durante la discussione in Consiglio del 18 dicembre, era stato dichiarato respinto in quanto aveva ottenuto «solo» 23 voti favorevoli. Le proteste della grillina avevano portato l’Ufficio di presidenza del Consiglio a correggere (postillandolo) il verbale della seduta, dando per approvato l’articolo e inserendolo dunque nel testo mandato al governatore Emiliano per la promulgazione. Emiliano ha fatto notare - non senza qualche ragione, in punto di diritto - che l’articolo 242 non poteva dirsi approvato, perché non faceva parte del testo finale sottoposto all’approvazione del Consiglio. Per sanare il pasticcio del 18 dicembre (quando era stato ritenuto che servissero 26 voti favorevoli) sarebbe insomma stato necessario votare da capo.
Dopo l’esposto di Emiliano è stato aperto un fascicolo affidato al pm Giuseppe Dentamaro, che il 13 gennaio ha fatto acquisire dalla Digos documentazione in Consiglio regionale. Si tratta di verbali, copia delle mail di trasmissione e anche delle lettere con cui lo stesso Emiliano, nella sua qualità di consigliere, chiedeva copia dei verbali.