Il caso

Regione Puglia, il rebus dei direttori generali Asl blocca di nuovo le nomine dei capi di dipartimento

Massimiliano Scagliarini

Ennesima proroga per i manager degli assessorati, slitta anche la delega alla Sanità per l'assessore Piemontese: chiede di partire con la squadra completata

BARI -  L’assessore in pectore alla Sanità chiede - con tutte le ragioni - di cominciare la sua partita per occuparsi di assistenza, e dunque con una squadra già pronta e definita. Ma ci sono ancora troppi dubbi sulla procedura da seguire per disporre la decadenza dei direttori generali delle Asl in attuazione della legge 7 (il mancato rispetto della spesa sanitaria) e il successivo commissariamento delle aziende sanitarie. È questo il nodo da sciogliere. Ed è il motivo che, ieri, per la quarta volta, ha indotto la giunta regionale a prorogare (al 31 luglio) gli incarichi dei direttori di dipartimento: l’infornata delle nomine nelle Asl e negli assessorati - questa la linea - andrà fatta tutta insieme.

Ieri la giunta ha discusso a lungo sul tema Asl, perché - da quanto si comprende - la partita sui direttori dei dipartimenti ormai è definita: essendo solo due gli ipotetici subentri tra i dirigenti apicali degli assessorati regionali (tra i quali non c’è la sanità, che resta a Vito Montanaro), la proroga è ininfluente. Il tema delicato riguarda i manager delle Asl. La legge 7 ne dispone la decadenza per superamento del tetto di spesa sui farmaci: la mannaia colpirà tutti i dg in carica (tranne quelli di Asl Bari, Brindisi e Policlinico di Bari che non sono più quelli del 2023). La decadenza è ormai un fatto acquisito, ma a preoccupare la Regione sono le conseguenze: il dg decaduto viene anche cancellato dall’albo nazionale. Quindi da un lato non potrebbe più essere rimesso in campo (l’idea era infatti di nominare i dg decaduti commissari in un’altra Asl, in attesa del nuovo bando e della nuova nomina definitiva), dall’altro l’interessato potrebbe fare causa davanti al Tribunale del Lavoro.
Raffaele Piemontese è pronto a subentrare come assessore alla Sanità. Ma ha chiesto di non essere logorato, nei primi tre mesi di mandato, dalla gestione delle nomine nelle Asl, che sono di per sè un sistema interno di potere: voglio occuparmi di liste d’attesa per risolvere i problemi dei cittadini - è il ragionamento che il vicepresidente ha fatto - non di «contropoteri». Ragionamento che, alla fine, la giunta ha condiviso.

Sul dossier lavora ormai da settimane il capo di gabinetto, Giuseppe Catalano, che ha faticosamente messo insieme i pezzi e trovato la quadra sui nomi dei capi dipartimento. C’è stato anche un confronto con i rispettivi assessori, così da sgombrare ogni dubbio: i direttori lavorano fianco a fianco con la giunta e dunque il feeling deve essere totale. Gli avvicendamenti (Personale e Lavoro) si leggono in quest’ottica. L’ipotesi è che non si debba attendere fine mese per la fumata bianca, considerato che per i direttori generali delle Asl ormai il dado è tratto: se la decadenza per superamento della spesa farmaceutica ne comporta la cancellazione dall’albo, dovrà essere trovata una soluzione alternativa per sostituirli. E non sarà facilissimo.

Il governatore Michele Emiliano ha ribadito alla giunta che l’ultimo anno e mezzo di legislatura deve essere dedicato al rilancio dell’azione amministrativa. In questo senso si legge anche la messa a punto della giunta, con Emiliano che lascia l’interim della Sanità (e prende quello del Bilancio, che è però in gran parte in mano ai tecnici), e con l’Agricoltura (Donato Pentassuglia) accorpata ai Lavori pubblici per provare a risolvere il problema degli usi irrigui. Emiliano voleva approfittare dell’occasione per rimettere in piedi ufficialmente il rapporto con i Cinque Stelle, richiamando in giunta Rosa Barone al Welfare. Ma i grillini reclamano la seconda poltrona, di cui Emiliano non dispone perché i posti in giunta sono esauriti. Chi ieri ha parlato con il presidente ne ha colto l’intenzione a mantenere il punto: l’interesse a mantenere il «campo largo» c’è e la disponibilità per Barone resta, ma l’offerta non è negoziabile.

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