Regione
Puglia, così l’assessora Maraschio mandata a casa ha fatto saltare la strategia sui rifiuti
A marzo una delibera firmata dalla Maraschio ha messo in crisi l’affidamento degli impianti pubblici alla Aseco: approvata mentre il governatore era assente. La replica della Regione: modifiche non sostanziali, non interferiscono con il piano della «newco»
BARI - Con una delibera dl 4 marzo, in una seduta della giunta regionale cui non ha partecipato il presidente Michele Emiliano, l’allora assessore all’Ambiente Anna Grazia Maraschio ha modificato il Piano dei rifiuti. Una modifica tecnica che prende atto dell’impossibilità di trattare i fanghi di depurazione negli impianti pubblici. E che, nei fatti, comporta l’abbandono del progetto Aseco, ovvero della società pubblica (partecipata da Acquedotto Pugliese e dall’agenzia Ager) che dovrebbe realizzare e gestire gli impianti pugliesi.
La questione è complessa. A marzo 2023 l’Ager, agenzia regionale che si occupa di rifiuti, ha acquisito il 40% dell’Aseco, la società di Aqp che gestisce l’impianto di compostaggio di Ginosa recentemente dissequestrato. A questa «newco» è stata affidata (l’ultimo giorno utile prima del divieto previsto per legge) la realizzazione e la successiva gestione dei nuovi impianti previsti a Brindisi, Foggia e Lecce, prevedendo che la stessa Aseco debba occuparsi di trattamento, smaltimento e recupero dei fanghi di depurazione delle acque. Quelli prodotti dai depuratori di Aqp, che oggi per il 90% vengono smaltiti fuori dalla Puglia a un costo di circa 30 milioni l’anno.
L’operazione Aseco è stata pensata all’indomani della sentenza (ora definitiva) che ha «smontato» il meccanismo degli impianti minimi, quello con cui per un anno e mezzo la Regione ha imposto ai privati di trattare i rifiuti urbani a costi calmierati. È basata su un business plan che prevede investimenti per 50 milioni, e che conta anche sui ricavi dall’attività di smaltimento dei fanghi di depurazione per conto della controllante Aqp. Ed è questo l’anello che la delibera della Maraschio ha fatto saltare. L’impianto Aseco trasforma i fanghi in compost per l’agricoltura, ma nel regolamento europeo 2019/1009 «i fanghi di depurazione figurano tra i rifiuti esplicitamente non ammessi alla produzione dei fertilizzanti». La conseguenza è che, per trattare quei fanghi, Aseco dovrebbe iscriversi al Cic (il consorzio italiano compostatori): ne conseguirebbe, è scritto in delibera, «da un lato un obbligo, e non una adesione su base volontaria, a carico di gestori di impianti pubblici in concessione di adesione al consorzio di categoria e dall’altro l’impossibilità di accettare nel processo produttivo i fanghi di depurazione, opzione che invece è legittimamente consentita ai gestori di impianti privati di compostaggio».
La delibera ha dunque modificato il Piano dei rifiuti, eliminando l’obbligo di conferire i fanghi di depurazione negli impianti pubblici di produzione del compost (ovvero ad Aseco) e sostituendolo con un generico impegno a «privilegiare la produzione del compost di qualità certificato Cic negli impianti di trattamento Forsu a titolarità pubblica». Significa, nei fatti, che Aseco perde l’«esclusiva» sul trattamento dei fanghi di Aqp (con il relativo introito). E dunque che il business plan (sottoposto anche alla Corte dei conti) non è più valido.
A luglio 2023 l’Antitrust ha impugnato davanti al Tar di Bari (l’udienza non è ancora stata fissata) gli atti con cui la Regione ha avviato l’operazione Aseco. L’Autorità garante del mercato ritiene, in sostanza, che i servizi in materia di rifiuti sono di competenza dei Comuni, e dunque la Regione non può affidare in-house (cioè senza gara d’appalto) a una propria società la costruzione e la gestione degli impianti. Anche per questo motivo Aseco non ha ancora cominciato ad operare, per quanto sono in corso le prove tecniche per rimettere in funzione l’impianto di Ginosa.
La delibera firmata dall’assessore Maraschio parte da una sollecitazione di Aqp, che già a ottobre aveva invitato la Regione a consentire il trattamento dei fanghi di depurazione negli impianti pubblici. Cosa possibile, come detto, ma non per la produzione di fertilizzanti destinati all’agricoltura. Per risolvere il corto circuito è stato dunque modificato il Piano rifiuti, ma con la conseguenza è stata di togliere ad Aseco il business su cui si regge l’intera operazione.
La delibera è passata sotto silenzio per molte settimane, fino a quando - circa 20 giorni fa - è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale. Il 24 aprile l’assessora Maraschio (espressione di Sinistra Italiana) è stata avvicendata dal governatore Michele Emiliano, che al suo posto ha nominato all’Ambiente un’altra esterna, l’avvocato barese Serena Triggiani.
LA REPLICA DEL CAPO DIPARTIMENTO AMBIENTE
Le modifiche al Piano regionale dei rifiuti «non interferiscono con i rilievi formulati dall’Antistrust riguardanti la costituzione della newco e non hanno alcun riflesso rispetto al tema della regolazione tariffaria prevista per i cosiddetti impianti minimi». È quanto dice in una nota il capo del dipartimento Ambiente della Regione, Paolo Garofoli. «Le modifiche, di carattere non sostanziale, sono finalizzate esclusivamente a consentire, nei limiti imposti dalla norma nazionale di settore, il trattamento dei fanghi di depurazione presso gli impianti di compostaggio a titolarità pubblica. Il provvedimento, quindi, è stato adottato allo scopo di garantire il corretto collocamento dei fanghi di depurazione. Altresì le modifiche in esame consentono ai gestori degli impianti di compostaggio a titolarità pubblica una adesione su base volontaria al Consorzio Italiano Compostatori, come legittimamente previsto per i gestori di impianti privati di compostaggio».