L'intervista

Eurofighter e piloti da Gioia del Colle: «Siamo a 5 minuti dai russi a difendere l’Europa»

marisa ingrosso

Il salentino colonnello Antonio Vergallo comandante del contingente italiano di stanza in Polonia per la missione Nato di «Polizia aerea»

Centocinquanta militari italiani, con una predominanza di pugliesi, sono a Malbork, in Polonia, a un tiro di schioppo dai russi e con il compito (critico) di garantire la sicurezza dei cieli d’Europa a Est. Anche il comandante, il colonnello pilota Antonio Vergallo, è pugliese. Fino al 2022 era a capo del 36° Stormo “Caccia” di Gioia del Colle. Ora ha la responsabilità di una missione Nato che dipende dal Comando aereo alleato di Ramstein, in Germania, attraverso le direttive impartite dal Comando operativo di vertice interforze agli ordini del generale lucano Francesco Paolo Figliuolo.

Salentino di Galatina, dopo che sono tornati ad Amendola e Ghedi i modernissimi F-35, da un pugno di giorni Vergallo può contare su quattro Eurofighter F-2000A, uno dei quali arrivato proprio dall’aeroporto militare “Antonio Ramirez”. Lui sta per concludere l’esperienza in Polonia («Per Pasqua spero di stare a casa») e tornare dalle sue tre donne. «La figlia grande è in Aeronautica - dice - È entrata anche lei in Accademia. L’altra, invece, non vuole saperne».

Cosa ha detto loro prima di partire?

«Tutta la famiglia è un po’ abituata. La moglie, Marianna, si fa carico di tutte le incombenze. Lei dice che io parto e lei va in missione. È la vita delle famiglie dei militari. Noi abbiamo fatto 12 trasferimenti e la vita cambia di città in città. Ti sentono lontano, ma la tecnologia aiuta. Il periodo più critico? Come per tutti i militari, è stato il periodo delle Feste, Natale, Capodanno... lo vedevo qui. Ma la famiglia ti supporta, ti dà quella serenità che ti permette di lavorare».

Che bilancio fa di questa missione?

«La prima parte è stata molto interessante perché è stata la mia prima esperienza operativa con un aereo di V generazione. Sono un vecchio pilota di Eurofighter e l’esperienza di lavorare con quello che è il non plus ultra della tecnologia moderna in campo operativo, perché l’F-35 è la macchina più moderna al mondo, è stata molto interessante. Anche perché si era in contesto internazionale e, a novembre, abbiamo affrontato tre settimane con una massima di -2°C e una minima di -17. Non abbiamo avuto grosse criticità e pensi che di notte l’umidità gela e le macchine erano coperte da una glassa ghiacciata di 2 centimetri. Grazie a Dio gli aeroplani sono coperti. È stato interessante. E poi non dimentichiamo che Malbork dista 5 minuti di volo da Kaliningrad, è al confine, sono 70 chilometri e, quindi, anche questa posizione geografica aggiunge quello che è lo stress operativo».

Avete anche dovuto fare degli “scramble” (il decollo immediato per intercettare aerei intrusi; ndr).

«Sì, ma è che quando si è vicini al confine si sente di più la responsabilità. I piloti qui fanno la stessa attività che fanno tutti i giorni in Italia, però il senso di responsabilità si sente. E abbiamo notato che anche i polacchi sentono di più la necessità di difesa».

Bhe è comprensibile...

«Pensi che a Natale, quando la popolazione ci ha visti in chiesa, ci ha chiesto: “Ma se voi siete qui, chi c’è d’allarme stasera? Chi ci difende?”. Mi ha colpito. Qui si sente l’importanza del lavoro che si fa. Ti senti non solo orgoglioso di servire l’Italia e la Nato, quando la popolazione ti dà questo riconoscimento ti senti più orgoglioso. E sono convinto che l’italiano ha questa capacità tutta sua di sentirsi vicino alla popolazione e ciò facilita l’approccio».

Il passaggio dagli F-35 agli F2000?

«Abbiamo avuto un periodo di 3-4 giorni di overlap (di sovrapposizione; ndr) per non interrompere il servizio, abbiamo operato in continuità. Diciamo che l’Eurofighter nasce proprio come un velivolo di superiorità aerea, è qualcosa di più naturale. Il passaggio è stato indolore. Per me è un ritorno al passato anche sul piano sentimentale, ritrovare personale che conosco, rivedere qui parecchi di Gioia. Così come ho ritrovato piloti che ho formato in Accademia. Avendo fatto 3 anni in Accademia, partecipando alla loro formazione, mi sono ritrovato quelli che erano ragazzini in teatro operativo. Una soddisfazione. Il processo, ciò che hai fatto, ti ha dato oggi dei piloti, professionisti. Piccole soddisfazioni che ti dicono che l’Aeronautica Militare è sulla giusta strada».

ingrosso@gazzettamezzogiorno.it

Privacy Policy Cookie Policy