Salute e benessere

Puglia, troppo pochi gli impianti sportivi. E solo il 18% pratica un’attività

Gianpaolo Balsamo

È quanto emerge da uno studio dell’Istituto del credito sportivo. Le strutture nel Sud? Insufficienti, obsolete e tenute male

Poche, datate, a volte addirittura obsolete e, come se non bastasse, spesso anche tenute male: nel Sud Italia le infrastrutture sportive esistenti non riescono a garantire a chi vuole praticare un’attività sportiva (ora tutelata anche dall’articolo 33 della Costituzione, comma 7) di fruirne liberamente. È quanto emerge dal «Rapporto Sport 2023», la prima ricerca di sistema sull’industria sportiva a cura dell’Istituto per il credito sportivo e di Sport e salute, presentato lo scorso 30 gennaio alla presenza del ministro per lo Sport e i giovani, Andrea Abodi. Dalla pubblicazione, che ha l’obiettivo di accendere un faro sul grande potenziale dell’industria sportiva (pari a circa 22 miliardi di euro, con un contributo al PIL nazionale dell’1,3%.), della domanda di pratica sportiva, dello stato del parco impianti nazionale e della dimensione di impatto dello Sport, emerge subito in maniera lampante come il 44% delle strutture sportive è stato realizzato negli anni ’70 e ’80 e, dunque, in gran parte inefficiente in termini di sostenibilità economica e ambientale. L’8% degli impianti non è funzionante, un dato che in alcune aree del Sud raggiunge il 20%.

La ricognizione effettuata attraverso il censimento restituisce una fotografia sullo stato di fatto dell’impiantistica in Italia, un multiverso rappresentato da circa 77mila impianti sportivi, per una media nazionale di 1,32 impianti ogni 1.000 abitanti e di 1,21 ogni 1.000 abitanti considerando solo quelli funzionanti al momento della rilevazione.

In Puglia, dal Gargano al Salento, sono poco più di tremila: si tratta di impianti sportivi pubblici e privati con utilizzo di interesse pubblico comprese scuole, parrocchie, strutture militari, alberghiere e playground (spazi elementari all’aperto di libero accesso e senza servizi di supporto), conformati per lo svolgimento della pratica sportiva in forma continuativa e a qualsiasi livello.

Poco meno della metà degli impianti, però, risulta obsoleto: la pandemia e la successiva crisi energetica hanno avuto pesanti ripercussioni sull’equilibrio finanziario di molte strutture sportive, fortemente penalizzate dall’aumento delle bollette di elettricità e gas che, nei picchi massimi delle quotazioni, sono arrivate a incidere fino al 45% dei costi fissi totali.

La sfida principale, pertanto, è rendere più efficiente e capillare la rete di infrastrutture sportive, intercettando i megatrend legati alla transizione verde e digitale e assegnando priorità di intervento alle aree del Mezzogiorno, dove è localizzato solo il 26% degli impianti nazionali (52% al Nord).

Dalla pubblicazione del Credito sportivo e di Sport e salute Spa emerge anche che più di 38 milioni di italiani non pratica sport e solo un quarto della popolazione svolge attività sportiva in modo regolare.

Il nostro Paese figura in Europa al 21esimo posto per quota di adulti che praticano attività fisica nel tempo libero: solo il 23,6% degli italiani di età superiore ai 3 anni pratica attività sportiva regolarmente, rispetto a una media europea del 44%. Percentuale che, analizzando i dati regionali, crolla in Puglia (18%) e va peggio in Basilicata (16).

Qui come nel resto del Paese, in considerazione dell’alto tasso di sedentarietà, con un italiano su tre che non pratica alcuna attività fisica, risulta indispensabile l’attuazione di un’azione di sistema per la costruzione di una cultura dello Sport, attraverso politiche multisettoriali in un’ottica sinergica tra pubblico e privato.

In questa prospettiva, uno dei primari target di intervento è la scuola, attraverso programmi di educazione sportiva e piani di valorizzazione dell’edilizia scolastica. Un Paese in cui 6 scuole su 10 sono prive di palestra nega ai giovani un’occasione importante di crescita personale, aumentando la propensione ad assumere stili di vita sedentari, con ripercussioni sulle future condizioni di salute, fisiche e mentali.

Riveste importanza strategica anche la pianificazione e architettura degli spazi urbani. Meno del 10% dei pugliesi usa la bicicletta per spostarsi all’interno delle città, a fronte di una media europea del 24% (con quote del 50-60% in Danimarca e nei Paesi Bassi). Uno sviluppo urbano, che amplia le aree pedonabili, le piste ciclabili, le zone verdi e gli spazi pubblici attrezzati, si dimostra un fattore chiave per incoraggiare l’adozione di stili di vita più salutari e attivi.

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