Lo scenario

Puglia, il Poc per salvare turismo e cultura

Massimiliano Scagliarini

La Regione: 26 milioni del Programma complementare pagheranno la Bit e i festival

BARI - La riforma dei fondi di coesione contenuta nel decreto Sud del ministro Raffaele Fitto ha privato la Regione della fonte di finanziamento su cui sono basate le politiche di incentivazione di turismo e cultura. Sono i soldi che finanziano le fiere (su cui si è sviluppata la scorsa settimana una polemica aspra tra la giunta e il centrodestra), ma anche i festival musicali e cinematografici e i sostegni alle produzioni: 26 milioni di euro l’anno che, finora, sono stati prelevati dal fondo Fsc e che dal 2024 non saranno più disponibili.

Per non interrompere dal prossimo anno le attività delegate all’agenzia Pugliapromozione, al consorzio Tpp e alla fondazione Afc i soldi devono dunque essere reperiti altrove. La soluzione più probabile è che vengano trovati nel Poc, una sigla poco nota che rappresenta il Piano operativo complementare approvato nel 2020 come «complemento» (appunto) ai fondi europei Fesr e Fse della passata programmazione. Un tesoretto che vale 2,67 miliardi di euro ed è alimentato per il 70% dal fondo di rotazione statale e per il 30% da fondi propri.

È su questa ipotesi che stanno lavorando da giorni l’assessore al Bilancio, Raffaele Piemontese, e il capo di gabinetto Pinuccio Catalano. La verifica di compatibilità degli incentivi a turismo e cultura con la struttura del Poc ha avuto esito positivo, ma ora bisogna accertarsi (con il capo dell’Autorità di gestione, Pasquale Orlando) che ci sia spazio materiale all’interno dei 13 assi in cui è diviso il Piano: gli impegni finora assunti hanno infatti saturato la capacità finanziari, anche se i pagamenti effettuati a fine 2022 sono ancora a un livello molto basso (451 milioni, pari al 16,79%). E dunque l’ipotesi è di effettuare una rimodulazione che consenta, in tempo utile, di garantire alle agenzie il budget per il 2024 e per i due anni successivi.

La somma più importante (20 milioni) va destinata a Pugliapromozione, che da qui deve attingere i 2,2 milioni necessari a supportare il piano delle fiere in cui spicca la Bit di Milano ma anche i finanziamenti necessari a mantenere aperti gli infopoint e a mandare avanti il piano strategico «Puglia365». Gli altri sei milioni rappresentano le quote di competenza di Tpp e Apulia Film Commission. Per quanto si tratti di uno strumento relativo al periodo 2014-2020, la legge ha lasciato la possibilità di utilizzare i finanziamenti Poc entro il 2026: sarebbe dunque sufficiente per garantire la copertura fino a quando non arriverà la materiale disponibilità di Fsc, che il ministro Fitto ha subordinato a un confronto preventivo sui progetti finanziabili tra Regioni e ministeri. Ma anche dopo la firma dell’accordo di programma, non è affatto detto che i fondi di coesione possano essere destinati agli incentivi immateriali come appunto cultura e turismo: quasi certamente le risorse della coesione dovranno essere riservate a infrastrutture e beni materiali. L’ipotesi alternativa, quella di caricare sul bilancio autonomo i 26 milioni, è ritenuta semplicemente improponibile: le allocazioni destinate agli assessorati sono infatti ridotte al lumicino, e già ad oggi sono appena sufficienti a garantire il pagamento degli stipendi di agenzie e società in-house.

Il nodo dovrà essere affrontato e risolto in poche settimane, perché - per rimanere all’allarme lanciato sul turismo - la programmazione delle fiere del 2024 non potrà andare oltre gennaio: prima di prenotare gli spazi espositivi (la Bit è il salone più costoso) è necessario bandire ed aggiudicare la relativa gara d’appalto. Stesso discorso per l’organizzazione dei festival, e delle attività di supporto culturale variamente denominate. Resta il problema strutturale, collegato alle scelte di incentivazione e alle priorità nell’uso dei fondi europei.

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