I dati

Puglia, flop della qualificazione: a rischio gli appalti del Pnrr

Massimiliano Scagliarini

Abilitati solo 91 enti su 2.400: per tutti gli altri è scattato il divieto di grandi gare

BARI - Dal 1° luglio gli appalti pubblici più importanti (i lavori sopra i 500mila euro e i servizi sopra i 140mila) potranno essere gestiti solo dagli enti che hanno ottenuto la qualificazione. È una delle novità previste dal nuovo codice degli appalti, la cui partenza a livello nazionale ha fatto parlare di un flop con appena 1.600 stazioni appaltanti qualificate su 26mila. Un dato che in Puglia è, se possibile, ancora più preoccupante: a fronte di 2.436 stazioni appaltanti che nel 2022 hanno lanciato almeno un bando per l’acquisto di beni o servizi, soltanto 91 risultano iscritte nell’elenco gestito dall’Anac.

Le nuove norme sono state pensate per dare una minima uniformità alla gestione degli appalti, che troppo spesso si impantanano per via della difficile applicazione di regole diventate sempre più complesse generando ritardi e contenzioso amministrativo. Ma, nei fatti, si rischia un effetto imbuto: le norme dicono che gli enti non qualificabili devono affidarsi a quelli che lo sono, e dunque - per esempio - alle centrali di committenza o alle unioni di Comuni, oppure ancora al capoluogo di provincia o alla Città metropolitana. Una soluzione semplice sulla carta ma difficile nei fatti, soprattutto con la corsa contro il tempo costituita dal Pnrr: i Comuni maggiori, già oberati e alle prese con le ristrettezze di personale, potrebbero trovarsi di fronte a carichi di lavoro non preventivabili.

Ma le stazioni appaltanti qualificate, in Puglia, non arrivano a 100. E questo anche se si considera InnovaPuglia, che nella sua veste di centrale di committenza regionale è iscritta d’ufficio fino al 30 giugno 2024. E anche Acquedotto Pugliese, principale stazione appaltante della regione e del Mezzogiorno, che è esente dall’obbligo di qualificazione come pure Aeroporti di Puglia e tutte le società pubbliche che operano nei cosiddetti settori speciali (acqua, energia, gas, trasporti). A Bari gli enti qualificati sono appena 29: ci sono la Regione, il Comune capoluogo, tutti gli enti sanitari (Asl, Ircss Bari, Aress, De Bellis di Castellana), l’Autorità portuale Adsp, alcune agenzie regionali. Nella Bat sono 5 (Asl, i Comuni di Trani, Bisceglie e Spinazzola), a Brindisi appena 4 (Ostuni, Fasano, l’Asl), a Foggia 16 (il Comune capoluogo, i Riuniti e la Asl), a Lecce 30 (i Comuni di Lecce e Gallipoli, la Asl), a Taranto 10 (il capoluogo, Statte, Castellaneta, l’Autorità portuale, ancora la Asl). Una mappa con molti buchi, in cui spiccano per efficienza (per una volta) le Asl e i Consorzi di bonifica, ma mancano ad esempio i grandi Comuni del Salento: tra i capoluoghi sono invece assenti sia Barletta che Brindisi. Tra gli enti inseriti di diritto nell’elenco (insieme a InnovaPuglia) c’è appunto la Città metropolitana, mentre sono esenti dall’obbligo anche le gestioni commissariali (dunque ad esempio le Zes).

Nei giorni scorsi il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, ha ricordato che la norma inserita nel Codice appalti non prevede scadenze, e dunque è sempre possibile richiedere la qualificazione. Un evidente invito a procedere, insieme a una certa delusione rispetto ai numeri registrati alla partenza: era stato ipotizzato che circa metà delle stazioni appaltanti attive in Italia (dunque circa 13mila) avrebbero ottenuto la qualificazione. Siamo invece a poco più del 15% a livello nazionale, mentre in Puglia a poco meno del 4%.

Le conseguenze operative rischiano dunque di essere pesanti, anche perché - ha rilevato sempre Anac - non sempre le centrali di committenza (che il Codice ha voluto iscrivere d’ufficio) risultano in regola con i requisiti previsti. E dunque con il risultato paradossale che i piccoli Comuni saranno costretti a rivolgersi, per gli appalti maggiori, a strutture pronte a gestirli soltanto sulla carta. 

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