la sentenza

Caracciolo, prescritta la turbativa d'asta contestata al consigliere regionale Dem: resta in piedi la corruzione

L'accusa riguarda un appalto che sarebbe stato truccato nel 2017: per la Procura di Bari l'ex assessore avrebbe voluto favorire un imprenditore amico in cambio di voti

Il tempo trascorso ha salvato il consigliere regionale ed ex assessore Filippo Caracciolo dall’accusa di turbativa d’asta. Il Tribunale collegiale di Bari (prima sezione, presidente Perrelli) ha infatti dichiarato la prescrizione di uno dei tre reati contestati al politico barlettano dalla pm Savina Toscani in relazione a un appalto da 5,8 milioni per i lavori a una scuola di Corato che – secondo l’accusa - sarebbe stato aggiudicato a un imprenditore amico di Caracciolo attraverso l’intermediazione dell’allora direttore generale dell’Arca Puglia centrale, Sabino Lupelli, pure lui a processo insieme all’ex dirigente comunale Donato Lamacchia.

Alla base della vicenda ricostruita dalla Finanza ci sarebbe un patto a tre risalente al novembre 2017. Caracciolo (difeso dall’avvocato Michele Laforgia) avrebbe promesso a Lamacchia (avvocati Ruggiero Sfrecola e Claudio Minichiello) un posto di lavoro in Arpa (l’agenzia regionale per l’ambiente) oppure in Ager (rifiuti), cosa poi non avvenuta anche se le intercettazioni hanno documentato i tentativi del politico. L’imprenditore, invece, si sarebbe impegnato a fornire «assistenza elettorale» per la candidatura di Caracciolo alla Camera.

Dopo la prescrizione della turbativa d’asta, il processo andrà avanti per le accuse di falso e corruzione contestate a vario titolo (Caracciolo risponde solo per la seconda). La prossima udienza è prevista a novembre.

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