Trasporti

Sud-Est, c’è il rebus della gestione dei bus. I sindacati: «Vogliamo certezze, no allo spezzatino»

Massimiliano Scagliarini

Dopo la sentenza del Consiglio di Stato. Il Gruppo FS continuerebbe a garantire i servizi ferroviari ma non può intervenire sulla gomma

BARI - Il gruppo Fs ha informalmente garantito alla Regione Puglia che potrà continuare a farsi carico della gestione del servizio ferroviario anche nel caso in cui Ferrovie Sud-Est venga messa in liquidazione o comunque perda il requisito della continuità aziendale. Ma nulla Fs potrà fare per i servizi su gomma, non avendo mezzi né struttura operativa in Puglia. Se dunque il 18 dicembre non si riuscisse a salvare Fse, la Regione in qualche modo dovrà correre ai ripari.

È lo scenario che si è aperto dopo la sentenza con cui ad agosto il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimo il trasferimento di Ferrovie Sud-Est dal ministero delle Infrastrutture al gruppo Fs, bocciando allo stesso tempo i 70 milioni di contributo straordinario concessi nella legge di Stabilità del 2016. La conseguenza è che Fse ha dovuto cancellare dal bilancio il corrispondente credito, con il risultato di avere oggi un patrimonio netto negativo per 48 milioni: e dunque in assemblea dei soci, a dicembre, il proprietario dell’azienda (che fino a ottemperanza della sentenza resta Fs) dovrà decidere se ricapitalizzare o mettere in liquidazione.

La Regione aspetta di essere convocata ufficialmente dal ministero delle Infrastrutture, ma tramite il capo di gabinetto Giuseppe Catalano ha aperto canali di comunicazione romani per prepararsi a gestire la crisi. Ma né il ministero né il gruppo Fs hanno ancora preso una decisione definitiva, né tantomeno la Regione può ipotizzare di intervenire sugli assetti societari di Fse. Anche l’eventuale retrocessione della proprietà di Fse al ministero, ammesso che abbia un senso dal punto di vista economico, potrebbe richiedere tempi lunghi perché staccarla da Fs richiede la ricostruzione di tutti i servizi ora forniti dalle altre società del gruppo pubblico. Potrebbe essere più semplice invece l’assorbimento del ramo di impresa ferroviario a Trenitalia, della manutenzione della rete a Rfi (tanto più che le direttive europee ne impongono lo scorporo) e dei bus a un altro gestore che sia in grado di garantire 13 milioni di km l’anno.

I sindacati sono ovviamente in subbuglio e chiedono certezze. «Abbiamo posto la questione al ministero delle Infrastrutture senza ricevere risposte - dice Gennaro Fiorentino della Filt Cgil Puglia -. I lavoratori vivono nell’incertezza sulle sorti dell’azienda, eppure continuano a garantire il servizio ogni giorno nonostante gli enormi problemi: parliamo di 1.500 famiglie di dipendenti diretti oltre l’indotto». I sindacati sono schierati contro l’ipotesi dello «spezzatino», per quanto questa sembri al momento l’unica soluzione percorribile: ma pur ammettendo che si riescano a tutelare i livelli occupazionali, significherebbe che una parte del personale uscirebbe dal perimetro pubblico. «Continueremo a batterci affinché si vada in continuità - dice Fiorentino - per garantire gli investimenti e il servizio. Nel 2026 ci saranno le gare per i servizi automobilistici della Regione e lì si vedrà». Ma Fse ha in carico anche numerosi importanti progetti infrastrutturali, a partire da quello sui treni a idrogeno, per oltre 600 milioni di euro. «C’è il rischio di perdere gli investimenti del Pnrr - conclude il sindacalista - e quindi che ci sia un danno per tutta la Puglia, con il rischio di non garantire più una mobilità sicura e sostenibile per i pendolari e per i turisti».

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