Le dichiarazioni
«Emiliano scomposto con Giorgia»
Gemmato (FdI): governatore sgrammaticato a pochi giorni dal G7 che si terrà in Puglia
BARI - «Ricordo al governatore Michele Emiliano quando la sinistra accolse in pompa magna al ritorno dagli Usa Silvia Baraldini, con il giubilo dell’allora ministro della Giustizia, Oliviero Diliberto». Marcello Gemmato, sottosegretario alla Sanità e leader di Fratelli d’Italia in Puglia, non nasconde la sorpresa per l’attacco del presidente pugliese sferrato al premier Giorgia Meloni dalle colonne del “Fatto quotidiano”. «Siamo colpiti dalla scomposta polemica con la Meloni, soprattutto quando il governatore si accinge a partecipare in Puglia al G7, evento internazionale nel quale proprio il presidente italiano sarà padrone di casa della manifestazione».
Lo scontro tra Emiliano e la destra e’ ormai un tema ricorrente connesso alle inchieste dell’antimafia e alle indagini sul voto di scambio che hanno riguardato esponenti del campo progressista. «Sul caso Forti - precisa Gemmato - aggiungo che si tratta di un successo diplomatico del governo Meloni, su un dossier affrontato senza ottenere risultati anche da governi della cui maggioranza era azionista anche il Pd». Il politico meloniano replica anche all’accusa rivolta alla destra di essere disattenta sulle questioni di etica pubblica: «È evidente che mischiamo le mele con le pere. Noi abbiamo mosso obiezioni politiche al centrosinistra pugliese, su riscontri emersi dalle carte giudiziarie nelle quali si descrivono amministratori che avrebbero comprato i voti. E abbiamo chiesto di far luce su una municipalizzata, l’Amtab, infiltrata dalla mala con i clan, con concorsi e assunzioni aggiustate, a cui la magistratura ha posto rimedio con un pesante commissariamento: Tutto questo non va confuso con altre vicende giudiziarie». Gemmato ricorda anche alcuni elementi delle dimissioni della Maurodinoia: «L’ex assessore della giunta Emiliano, prima dei non eletti alla Camera per il Pd, pur avendo abbandonato la giunta, ha votato la fiducia al governatore Emiliano: se dovessero risultare acclarate le modalità di reperimento dei consensi del suo gruppo politico, il Pd dovrebbe almeno porsi qualche domanda. I suoi seimila voti al Comune di Bari hanno portato ad indicare un assessore dello stesso gruppo nella giunta Decaro, D’Adamo, poi dimessosi per una nuova inchiesta. I 18mila voti della Maurodinoia alla Regione, sono stati parti rilevanti del vantaggio conquistato da Emiliano rispetto alle altre coalizioni. Qui a Bari ci sono stati 130 arresti tra mafia e politica e assistiamo alla chiusura di una stagione politica emilianista nel peggiore dei modi». La conclusione di Gemmato: «È tempo di girare pagina e dare un cambio di passo e di stile nella politica pugliese, ammalata da troppi anni di trasformismo e con scarsissimo senso delle istituzioni».
Di opposto avviso è il deputato Ubaldo Pagano, esponente del Pd: «Condivido le posizioni espresse da Emiliono in recenti interviste. La destra è ormai solo immagine e slogan, sta perdendo l’identità antica che ne aveva caratterizzato l’ascesa. Il caso Forti e’ uno scandalo: il suo ritorno è stato celebrato dalla Meloni come se fosse un grande scienziato, come se avesse illuminato la repubblica italiana. È stato invece condannato - secondo un diritto positivo che riconosciamo come quello Usa - in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di una persona». «Parliamo - puntualizza Pagano - della stessa destra che contestava la Francia per non averci consegnato i terroristi macchiati di reati di sangue durante gli anni di piombo e che ora festeggia un condannato come Forti».
Sulle inchieste pugliese, Pagano presenta questa analisi: «Se qualcuno ha commesso degli illeciti, è giusto che paghi per le sue colpe, ma noi in assenza di giudicati di qualsiasi natura o di processi aperti, abbiamo preteso la massima cautela, rimuovendo i protagonisti dagli incarichi istituzionali di primo piano». «A destra? C’è ha un ministro come la Santanchè con una richiesta di rinvio a giudizio, un presidente di regione ai domiciliari, e un deputato regionale che ha una misura interdittiva a suo carico». La chiosa finale di Pagano: «Il punto non è fare la conta di chi ha più gente indagata ma come arrivare ad una dialettica più sana, evitando sciacallaggi reciproci in assenza di un chiaro quadro indiziario, lasciando lavorare i giudici con serenità e senza togliergli gli strumenti necessari alle indagini». L’ultima riflessione del parlamentare barese: «Un corto circuito istituzionale a causa delle dichiarazioni sulla Meloni? Emiliano è uomo libero e ha sempre parlato senza calcolare la rilevanza che le sue opinioni possono avere su vicende singole o su opportunismi di qualsiasi natura. In questo caso parlava da esponente politico più che da presidente di regione».