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Ruoti celebra il '65, anno record di matrimoni: otto coppie ricordano quel "sì" con le nozze di diamante

Nel piccolo comune del Potentino nel 1965 furono celebrati 45 matrimoni. Un’occasione speciale per ricordare non solo gli sposi, ma anche la comunità e le tradizioni che hanno reso unico quel periodo

Celebrare coraggio, amore e longevità: a 60 anni da quei magici giorni vissuto a Ruoti (Potenza), otto coppie lucane hanno festeggiato le «Nozze di Diamante», in un anno record per il piccolo comune lucano che, nel 1965, registrò ben 45 matrimoni. Un’occasione speciale per ricordare non solo gli sposi, ma anche la comunità e le tradizioni che hanno reso unico quel periodo.

L’iniziativa, promossa dall’associazione «Recupero Tradizioni Ruotesi», ha coinvolto otto coppie. Quattro di queste risiedono ancora a Ruoti: Nicola Faraone e Carmela Bochicchio (8 febbraio), Giuseppe De Carlo e Giovanna Santoro (16 dicembre), Luigi Donnaianna e Caterina Donnaianna (22 maggio), Donato Potenza e Caterina Potenza (15 febbraio). Le altre quattro coppie vivono all’estero o in altre regioni d’Italia: Rocco Salinardi e Caterina De Carlo (4 febbraio, Milano), Vito Antonio Simone e Valeria Carlucci (4 marzo, Belgio), Domenico Gentilesca e Carmela Errichetti (19 agosto, Svizzera), Felice Spadola e Lucia Santoro (15 maggio, Stati Uniti).
Dal racconto dei protagonisti sono emersi numerosi dettagli affascinanti sul periodo e sul contesto di Ruoti negli anni Sessanta, un paese che viveva principalmente di agricoltura e che spingeva molti giovani all’emigrazione in cerca di opportunità.
All’epoca, il comune del potentino non aveva ristoranti e i banchetti nuziali si svolgevano in abitazioni private, spesso prestate da parenti o vicini. Le sfide maggiori riguardavano le coppie che vivevano nelle campagne: in assenza di strade, si usavano mulattiere e asini per trasportare tutto, dal corredo della sposa e dal materiale per l’imbottitura del materasso del primo letto, fino agli ingredienti per il pranzo. Le coppie hanno ricordato che il pranzo veniva preparato da cuochi noti in paese, con un menù tipico: antipasto con affettati prodotti in famiglia, maccheroni fatti in casa o comprati e, come secondo, carne di montone acquistata o del proprio gregge. Immancabile per dolce «Lu M'stàzzuòl», il tarallo ricoperto di zucchero fondente. La sera si ballava la tarantella al suono dell’organetto suonato da un invitato.
Tra i ricordi più pittoreschi spiccano la grande nevicata di febbraio durata due mesi, il numero elevato di invitati che a un matrimonio costrinse a apparecchiare persino nella camera da letto della sposa, la rissa tra gli invitati durante il banchetto, o il vino terminato a metà pranzo, che portò a sospendere i festeggiamenti per due ore in attesa di una nuova fornitura.
Questi aneddoti raccontano non solo le difficoltà materiali di allora, ma anche lo spirito di comunità, la creatività e la generosità che hanno reso indimenticabile ogni celebrazione. Oggi, ricordando queste otto coppie e il loro percorso di vita insieme, l’associazione celebra non solo il traguardo simbolico, ma anche la capacità delle tradizioni di unire le persone, tramandare valori e ispirare le generazioni future. (

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