La situazione
Potenza, defunti positivi al Covid «imbustati» e isolati: negato l'ultimo saluto
La rabbia e il dolore del giornalista Gianluigi Laguardia: «Mio padre come tanti altri. Misure allentate o cancellate, ma non per i morti»
POTENZA - Niente «green pass», né restrizioni particolari per alcune categorie professionali (parrucchieri, barbieri, centri estetici e via dicendo). Stop all’obbligo delle mascherine, termine dell’isolamento dopo 5 giorni dalla positività o dalla comparsa dei sintomi, a prescindere dall’effettuazione del test. E se gli operatori sanitari sono asintomatici da almeno due giorni, l’isolamento termina immediatamente in seguito a test negativo.
È cambiato tutto sul Covid, anche se il virus circola ancora ma, a quanto pare, non avrebbe più l’impatto che ha sconquassato le nostre vite nella sua prima ondata. Come spesso accade in Italia, le regole si scrivono e si riscrivono lasciando ampi margini all’interpretazione. O dimenticando di spiegare una particolare condizione. Un esempio arriva proprio dalle misure anti-Covid. Salta la quarantena, si allenta la morsa, si cancellano gli obblighi, ma per le persone decedute che risultano contagiate è rimasto tutto come prima. La gestione della salma è la stessa del clou della pandemia: isolamento del defunto all’interno di un sacco impermeabile sigillato e disinfettato esternamente «per ridurre al minimo le occasioni di contagio durante le operazioni di incassamento».
È quanto stabilito dalla circolare del Ministero della Salute datata 1 aprile 2020 contenente «Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia Covid, riguardanti il settore funebre, cimiteriale a di cremazione». Tutte le altre circolari emanate in materia sono state cancellate o rimodulate. Quella riguardante i defunti pare sia ancora in piedi. O, quanto meno, la si applica senza sapere se è stata cancellata o no. Se n’è accorto Gianluigi Laguardia, noto giornalista potentino, voce dei social, che qualche giorno fa ha perso il padre, risultato positivo al Covid, dopo una lunga degenza tra ospedale e istituto «Don Uva».
«Mio papà - dice è stato “imbustato” e lasciato solo in una stanza/cantiere (l’obitorio del San Carlo, ndr) fino a un’ora prima del rito funebre, senza poterlo accarezzare o pregare accanto. Nonostante i nuovi contagi siano in aumento, consentiamo a un positivo di poter circolare tranquillamente dopo tre giorni, col rischio di contagiare gli altri. E poi a un morto, con tampone positivo in ospedale, che non respira più, che non starnutisce e che non contagia più, lo si imbusta nudo, come un rifiuto umano, senza che i propri cari possano tributargli l’ultimo saluto». La rabbia mista al dolore di Laguardia è lo stesso sentimento di tante altre persone che hanno vissuto la stessa esperienza.
«Dire addio alla vita, per chi resta - aggiunge Laguardia - è un passaggio fondamentale per andare avanti. Un modo imprescindibile per elaborare il lutto. Tutto questo ci è stato negato». Laguardia ha cercato risposte da politici e amministratori, ma sulla questione si naviga a vista. Nel senso che nessuno è in grado di dire se la circolare è stata superata, aggiornata o cancellata. Nel dubbio si fa come si faceva un tempo. «Sono regole - tuona Laguardia - che non hanno alcun senso rispetto alla prima fase in cui nessuno capiva nulla». Se le prescrizioni sono saltate per i vivi, si faccia altrettanto per i morti.