La storia

Sabir, dalla «via Balcanica» a Potenza il viaggio parallelo dei barconi in mare

Massimo Brancati

Quasi 2mila chilometri, molti percorsi a piedi. Un itinerario tra soprusi e violenze

POTENZA - Per i profughi che arrivano in Italia non c’è solo il mare. Da tempo l’alternativa ai viaggi sui barconi a rischio vita è la «via Balcanica»: tra i 1.500 e i 2.000 chilometri da percorrere, in buona parte a piedi e comunque con qualsiasi mezzo, anche in questo caso a rischio della vita fra violenze, soprusi, maltrattamenti e precarie condizioni igienico-sanitarie, malattie. Sono migliaia i migranti arrivati in Italia dopo essere passati per Pakistan, Afghanistan, Iraq, Iran, Turchia e Grecia, Albania, Montenegro, Kosovo, Serbia e Bosnia Erzegovina.

Tra questi Sabir Ghulam, 23 anni, a Potenza da poco più di un anno e da poche settimane con il permesso di soggiorno ottenuto dalla Commissione profughi di Salerno. È lui che ci racconta il viaggio della speranza questa volta a lieto fine. La «rotta Balcanica» - ci conferma - è scelta soprattutto da giovanissimi pakistani. Tra i profughi in arrivo alla frontiera friulana - spiegano dal Ministero dell’Interno - sette su dieci sono afghani, subito dopo pachistani, bengalesi, nepalesi, curdi. È considerata rispetto ai «barconi della morte» quella meno pericolosa anche se specie per i giovanissimi la più dura. Il viaggio di Sabir comincia dalla sua città nativa e dove vive la sua famiglia, Mandi Bahauddin, una città per abitanti proprio come Potenza, con la differenza di essere per lo più agricola. Il suo è un viaggio durato cinque anni e cominciato quando aveva soli 17 anni, fermandosi per lunghi periodi in diversi Paesi e circa 2 anni in Grecia dove ha fatto di tutto, dall’operaio in laboratori, al fabbro, all’agricoltore. «Ho avuto da sempre il desiderio di raggiungere l’Italia – rivela il giovane pakistano anche se con un’idea molto vaga di cosa mi attendesse, comunque una vita migliore».

Un percorso segnato dalla fame e dal pericolo di animali selvatici perchè ha sempre evitato strade principali per non incorrere in posti di blocco e quindi attraversato foreste, boschi, tratturi e stradine di montagna. «In vari Paesi – dice in un italiano più che comprensibile che ha appreso da autodidatta e perfezionato a Potenza grazie ad un amico che lo ha accolto – se non hai i soldi la polizia non ti lascia passare, in altri invece lo fanno perché non vogliono profughi».

In Pakistan ha lasciato la famiglia (padre, madre, un fratello e una sorella) per sfuggire, da più piccolo, alle continue minacce rivolte al padre, avversario politico del regime, e alla famiglia. Arrivato a Trieste è stato preso in consegna dalla Polizia e dopo una settimana trasferito con altri ragazzi pakistani a Potenza affidato alla cooperativa Human Flowers con alloggio al rione Lucania. Con le prime conoscenze in città – preziosissima quella di Mario che lo ha accolto come un fratello minore - è arrivato il lavoro. Da meno di un anno fa l’operaio passando da diverse imprese edili locali. Sabir, che ha lavorato in Pakistan già dall’età di 9 anni, è un saldatore specializzato, con abilitazioni acquisite per condurre la gru, per montare impalcature, oltre all’italiano discreto, conosce l’inglese, il turco e il greco. Per tanti suoi connazionali è una «guida» per risolvere problemi con il permesso di soggiorno, trovare lavoro, problemi di tutti i giorni e soprattutto per loro fa il traduttore. È anche un bravo artigiano del ferro e realizza piccole opere, come fioriere da mettere sui balconi, cancelli apprezzati da potentini. Vorrebbe realizzare una mostra; scrive poesie (in pakistano) e canta (anche in italiano). Sono i suoi modi gentili che colpiscono già al primo incontro con il sorriso sincero e lo sguardo magnetico. Una bella storia di integrazione con la nostra realtà che Sabir ha deciso di festeggiare il 9 settembre prossimo perché il permesso di soggiorno è diventato per lui sicurezza ed occasione di festa. Adesso che il suo sogno sta diventando realtà immagina di poter svolgere un’attività di lavoro in proprio e di riunificare la famiglia a Potenza.

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