POTENZA - Sospesi perché non vaccinati. Ma ora dovranno essere risarciti. La rivincita dei prof no vax passa per un paio di sentenze appena pronunciate, tra cui quella del tribunale di Treviso secondo cui i docenti esclusi dalle attività didattiche hanno diritto alle retribuzioni non percepite dalla data di sospensione, a partire cioé dal 15 dicembre scorso quando in Italia l'obbligo del vaccino era stato esteso anche agli insegnanti.
Il caso lucano
In Basilicata la platea di prof e personale Ata «in castigo» - secondo i dati forniti da Claudia Datena, direttrice dell’Ufficio scolastico regionale - è costituita da 94 unità. Alcuni di loro, nel corso di questi mesi, si sono ammalati per poi rientrare regolarmente al lavoro una volta «negativizzati», in 49, invece, continuano ad essere impiegati in altre funzioni non a contatto con gli studenti. C'è chi sta affilando le armi con legali di fiducia per tradurre quanto affermato dal giudice trevigiano in richiesta risarcitoria: «Sono stata umiliata, messa in disparte, annullata – tuona un'insegnante di Potenza che preferisce mantenere l'anonimato – ma sapevo che quello che stavano facendo era illegale. E ora i fatti mi stanno dando ragione».
L’affondo
La sentenza emessa dal giudice del lavoro entra nel merito e quindi è immediatamente esecutiva: «Il risultato dell’introduzione di tale nuova disciplina (il dl numero 24/2022) per quanto rileva ai fini del presente giudizio – scrive il giudice - consiste nell’abrogazione della sanzione della sospensione con effetto retroattivo dal 15 dicembre 2021. Da tale considerazione fa derivare le seguenti conclusioni: le domande delle parti ricorrenti che avevano tutte quale presupposto la dichiarazione di illegittimità dei provvedimenti di sospensione impugnati, in seguito all’entrata in vigore della nuova normativa, hanno perso di attualità nel senso che non sono più supportate da un interesse giuridicamente rilevante alla pronuncia sia per quanto riguarda l’azione cautelare sia per quanto riguarda la domanda di merito, poiché devono ritenersi essere state soddisfatte dal legislatore prima ancora che in sede giudiziale».
Riconoscimento
In altre parole, il giudice sottolinea che prof e personale Ata che non hanno accettato la vaccinazione hanno diritto alle retribuzioni non percepite dalla data di sospensione perché il legislatore ha riconosciuto che la sospensione non fosse necessaria. Secondo il giudice, inoltre, quanto stabilito dal Governo è stata una violazione dei diritti dei lavoratori, penalizzati anche perché, nel frattempo, non avrebbero potuto neppure cercare un’altra occupazione perché nel pubblico impiego c’è incompatibilità di cumulo di impieghi e di incarichi.
Passaparola
La sentenza determinerà un effetto domino con i relativi conteggi delle somme da incassare che andranno notificate al Ministero della Pubblica istruzione. Dall'1 aprile scorso, lo ricordiamo, è terminata la sospensione dal servizio dei circa 10mila (in tutta Italia) lavoratori tra docenti, amministrativi, educatori della Scuola, Università e Afam non vaccinati. Sono tornati regolarmente a scuola ma senza avere contatti con gli alunni. La loro, insomma, è stata solo un'attività di supporto non meglio specificata: «Mi hanno confinata da sola in biblioteca – evidenzia la docente potentina sospesa – come un'appestata. Ho vissuto davvero un periodo difficile». Dal 30 aprile, invece, per accedere a scuola è stata richiesta la presentazione del Green pass base, vale a dire il semplice tampone di controllo.
Soldi
Non saranno soltanto gli stipendi arretrati al centro della richiesta di risarcimento. I prof chiederanno anche i cosiddetti «danni morali» che, tenuto conto del periodo di sospensione, in media si aggirano sui 15mila euro: «Ho dato mandato al mio avvocato – conclude l'insegnante di Potenza – per quantificare esattamente anche questa somma. Il periodo di sospensione è stato duro, umiliante, ingiusto. Ora devono pagare».
Settori
Quanto accade nel mondo della scuola potrebbe avere ripercussioni in altri settori in cui era stato disposto l'obbligo vaccinale, a cominciare da quello sanitario. Per la verità in questo comparto la Basilicata è tra le regioni con il più basso indice di non vaccinati (1,9%), ma non sono mancati casi di infermieri e medici sospesi e confinati in mansioni extra attività sanitaria. Sulla scia della sentenza di Treviso anche loro si starebbero preparando a battere cassa.