Nel Potentino

Oppido Lucano, il cuore del Cinema batte qui

Alessandra Lancellotti

La Cineteca, il gioiello di un piccolo borgo oltre il Bradano. Un presidio culturale nato da una vecchia sala aperta nel 1944: documenti e oggetti eccezionali, persino vetrini settecenteschi e lanterne magiche. Con un sogno: la digitalizzazione

Inizia con questo articolo la collaborazione con la «Gazzetta» di Alessandra Lancellotti, ricercatrice di Architettura e documentarista lucana a Torino.

OPPIDO LUCANO - Sono quattro i fiumi che convergono dall’Appennino verso il Mar Ionio. Il più a oriente è il Bradano, antico confine tra Lucania e Puglia. Lungo uno dei millenari profili si erge a vedetta il borgo di Oppido Lucano, che ricorda la piccola Gerusalemme di Grassano di indelebile leviana memoria. Piccolo paese come migliaia nel Meridione europeo, Oppido rivela una presenza straordinaria: la Cineteca Lucana. Presidio culturale di alto profilo in un’area colpita da significativo spopolamento, rappresenta un’eccellenza che richiama l’attenzione nazionale e internazionale. Nasce sul sedimento di un vecchio cinema estinto ed è proprio su questo carattere effimero che costruisce la sua storia.

Ciò che resta sono le memorie che i giovani oggi amano ascoltare. Memorie di un’epoca di affollamenti e visioni condivise, di una generazione cresciuta guardando i film di Pier Paolo Pasolini o Alejandro Jodorowsky in una provincia remota, dibattendo animatamente sul presente. In fondo, un archivio cinematografico è una collezione di immagini nello stato potenziale di un rituale collettivo, che ci ha definiti culturalmente nel Novecento. La Cineteca Lucana oggi ne è depositaria e ci ricorda di essere eredi attivi di un passato complesso e affascinante, a cui desideriamo appartenere.

Ad aprire il primo e ultimo cinema di Oppido furono i fratelli Enore e Rocco Martino nel 1944, dopo la Liberazione del Sud, mentre il resto d’Italia era ancora in guerra. Erano soliti affiggere due grandi locandine: una all’ingresso della sala, nella piazza principale della nuova espansione urbana, e una nel centro storico, dove il richiamo era ancora maggiore perché qui risiedeva la maggior parte della popolazione.

Il proiettore era un «Eureka XII». Il biglietto costava 25 lire per i bambini, 50 per gli adulti. Per oltre un trentennio qualunque film aveva riempito quella sala, con 140-200 spettatori fra seduti, in piedi, o addirittura in cabina di proiezione. Nel 1979 il Cinema Martino decise di chiudere. Con la motorizzazione, i ragazzi tentavano di uscire dal paese, mentre nelle case imperava la televisione, ormai alla portata di tutti. Il cinema in molti dei borghi di quel territorio diventò inattuale.

Negli stessi anni, Gaetano Martino, che aveva studiato per diventare fisico, decideva di conservare il patrimonio di proiettori e locandine accumulati in quei decenni dalla sua famiglia. In quel periodo lavorava per Tele Roma Europa, riversando film in pellicola su nastri magnetici «U-Matic». Nella sede di Monte Mario si trovava un magazzino pieno fino al soffitto, che doveva essere svuotato. Alla decisione di buttare via le pellicole, Martino rispose recuperandole. Due volte al mese trasportava fino a Oppido anche trenta film, con la marmitta dell’auto che quasi toccava il suolo. Seguì un accordo per i film giacenti a Bari, dove storicamente venivano ritirate le pellicole dai piccoli esercenti lucani. Dopo il periodo di tenitura nelle sale sarebbero finite al macero, come ogni oggetto di consumo, ma in molti casi trovarono collocazione negli archivi dell’ex Cinema Martino.

Dall’impegno di Gaetano Martino e di sua moglie Adele De Rosa nacque così la Cineteca Lucana, costituitasi poi come associazione culturale nel 1997, con lo scopo di tutelare e valorizzare il patrimonio cinematografico e audiovisivo che nel frattempo era cresciuto grazie ad accordi con istituzioni e donazioni di fondi. Del nucleo archivistico originario fanno parte anche preziose macchine del pre-cinema: proiettori a manovella, visori stereoscopici, lanterne magiche e vetrini dipinti a mano risalenti ai secoli XVIII e XIX. Questi sono custoditi in uno dei più suggestivi depositi. Si tratta dei piani seminterrati di un edificio collocato sul perimetro della città di epoca normanna. Attestato come caserma di carabinieri fin dagli anni Trenta del Novecento, sostituiva un piccolo fabbricato di epoca borbonica con lo stesso scopo. Le quattro celle sono rimaste inalterate fin da allora e ospitano oggi una delle collezioni sul tema fra le più importanti al mondo, che permette di ricostruire una storia italiana ed europea grazie all’impegno di studiosi collezionisti come Martino e De Rosa in Basilicata, Adriana Prolo in Piemonte, Laura Minici Zotti in Veneto.

A fronte della copiosità del materiale conservato, la Cineteca da sempre intende realizzare un grande progetto possibile solo con il sostegno degli enti territoriali e nazionali, che permetta la catalogazione, la digitalizzazione del patrimonio, rendendolo pienamente accessibile come bene collettivo. Questo consentirebbe a un significativo numero di persone di trovare impiego in un’epoca in cui il sud e le aree interne si impoveriscono di prospettive. Crescere in questo borgo senza cinema e senza treno ha comportato alimentare un’aura di mito per il passato, contemplando qualcosa che non si è vissuto. Ma le assenze sono in grado di scatenare grandi desideri. Così il Cinema Martino torna a rivivere in questo virtuoso archivio quale fucina di idee per studiosi e registi.

Il lavoro della Cineteca Lucana fa pensare a Fitzcarraldo (1982) di Werner Herzog, film il cui protagonista intraprende un viaggio per costruire un grande Teatro dell'Opera in un villaggio amazzonico isolato dal resto del mondo. Nel silenzio della giungla risuona musica lirica da un grammofono. Nell’aprile del 2020, invece, un fascio di luce irradia la piazza Guglielmo Marconi di Oppido. È Henry Martino, nuova generazione della Cineteca Lucana, che proietta dagli archivi grandi classici sulle facciate dei palazzi. Che risonanza ha questo evento se non per un piccolo vicinato? Oltre agli scaffali infiniti, ai magazzini, ai bancali, c'è un patrimonio umano che mette in piedi piccole o grandi imprese come portare l'opera lirica in Amazzonia, o il cinema in una piazza deserta.

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