Via Pretoria
Potenza, saracinesche abbassate e scenario desolante: senza deroghe niente botteghe
Allo stato mancano i regolamenti regionali, ma quando si vuole una strada si trova: a Matera le deroghe sono una realtà da anni
CRONACA DI POTENZA - Cosa è rimasto della vivacità, dei colori, dei sapori di piazzetta Duca delle Verdura? Solo le vetrine chiuse e la nostalgia del passato. Ma non è solo il Covid-19 che ha abbassato le saracinesche, che ha spento gli entusiasmi dei commercianti e dei residenti del Centro storico che si adoperavano per renderlo più attrattivo anche con un tappeto di ombrellini colorati o una serie di lanterne che coprivano il cielo di via Pretoria. Ecco «Il centro che vogliamo» scrivevano nel programma studiato e condiviso dall’Associazione Ascom in centro, da imprenditori e residenti. Credevano di poter cambiare, erano felici di quel centro storico che continuava pian piano a pulsare, che le vetrine si riaprivano. Credevano alle promesse di amministratori che si alternavano sugli scranni del potere, che li ascoltavano e condividevano le loro proposte. Ma aspettavano i fatti. Credevano che quelle misure che avrebbero ridato vita al centro storico e alla loro istanze sarebbero arrivate.
Perché non c’è centro storico senza cantine, senza trattorie e senza quelle piccole botteghe artigianali dove si respira il sapore di altri tempi. Vicoli e vicoletti, sottani e piazzette pronti ad animarsi di una nuova generazione che riscopre il passato, non lo rinnega, ma lo adegua ai tempi moderni. È la magia di tutti i centri storici dove il tempo sembra essersi fermato, ma continua a raccontare storia e storie. Si è provato a farlo anche con la città di Potenza, riconoscendola Città d’arte. Ci fu un animato dibattito, ma poi tutto si è fermato, sotto l’alibi del Covid-19 e della crisi stroncando anche i loro sogni.
Servivano e servono i fatti per far rivivere le piccole botteghe del Centro storico e dei suoi vicoletti. E questo significa mettere mano al nuovo regolamento edilizio tipo con gli adeguamenti della zona A del Centro centro storico. Tutto fermo, invece. E a dettare le regole anche all’Asp è la normativa europea troppo generica per adattarsi al contesto potentino. E così se in un’attività si cessa la licenza, non si potrà più riaprire. Solo con il suo trasferimento si ha una garanzia. Perché in sostanza finché nulla si muove si ricade nelle vecchie normative, ma appena cambia qualcosa le nuove norme bloccano tutto.
Risultato? Un locale che chiude non potrà più riaprire. E non potrà farlo neppure uno nuovo. Non sarà solo una saracinesca ad abbassarsi, ma si perderà per sempre un pezzo di storia. Parla il passato. Uno per tutti: il «Barracuda». Ricordate il locale a ridosso dell’arco di San Giovanni, la piazzetta piena di giovani? Chiusa la licenza (e non per il Covid-19), con tutti i limiti di legge e senza deroghe non si è potuto più riaprire. Problemi di altezze, sicurezza, bagni, agibilità. Tutta una serie di normative anche europee troppo stringenti per i piccoli centri storici, per i quali in tutta Italia si fa ricorso alle deroghe sulle aperture nei centri storici soprattutto per la somministrazione e vendita di alimenti. Una questione impellente per il capoluogo che riporta all’attenzione i temi del passaggio generazionale, della valorizzazione del patrimonio immobiliare, della necessità di garantire la continuità di una licenza, se non c’è subito un subentro e che chiama in causa Comune, Regione e Asp. Ma occorrono i regolamenti regionali che non ci sono ancora. E quando si chiude tutto diventa irreparabile. Eppure quando si vuole una strada si trova. A Matera, le deroghe sono da anni una realtà. Il centro storico, i Sassi con le sue botteghe e i suoi ristoranti possono essere ospitati in luoghi angusti proprio per un sistema di deroghe e un regolamento che li ha disciplinati. Un «miracolo» possibile anche grazie a «Matera Capitale Europea della Cultura 2019» e all’essere patrimonio Unesco.
Potenza e tanti piccoli borghi lucani, invece, devono attendere che Comuni, Regione e Asp si mettano intorno a un tavolo e dettino le regole perché anche i centri storici con i loro vicoli e vicoletti possano riavere le loro piccole botteghe. L’attuale stringente normativa in materia di agibilità obbliga il nuovo esercente a una serie di adeguamenti strutturali che, oltre all’esosità dell’esborso richiesto, spesso diventano impossibili perché richiederebbero opere sull’intero fabbricato in cui trova spazio il negozio. E non mancano certo gli imprenditori pronti a insediarsi nel centro storico, ma la questione dell’agibilità dei locali li tiene alla larga, con il risultato di quel desolante scenario di saracinesche abbassate.