Nel Potentino
Una panchina arcobaleno anche a Melfi per spegnere l'omofobia
Rapolla (Arcigay): «Presto una a Potenza. Ma paura e vergogna sono ancora radicate»
Morena Rapolla, 46 anni, avvocato, dal 2018 presidente di Arcigay Basilacata, ieri, assieme alla consigliera nazionale di Arcigay Pia Ciminelli, ha girato come una trottola. Giornata nazionale contro l’odio per omosessuali, transessuali e bisessuali. Bisogna scrivere anche qui il quaderno di un’emancipazione che insegni una volta e per tutte a non etichettare e discriminare.
Morena Rapolla, è sodisfatta di come sono andate le cose ieri? Qual è il risultato del quale va più orgogliosa?
«Ieri anche a Melfi abbiamo inaugurato la panchina arcobaleno. C’è a Matera. A Potenza stiamo per inaugurala.. Il Covid non ha aiutato, ma da quando nel 2014 è stata fondata l’Arcigay di azioni concrete ne abbiamo fatte».
Simboli per costruire diritti, d’accordo. Ma non basta per superare l’inciampo sociale del pregiudizio...
«...certo che non basta, ma è cambiato molto da quando 30 anni fa l’Organizzazione mondiale della sanità ha cancellato l’omosessualità dall’elenco delle malattie, considerandola per quella che è, una variante naturale del comportamento».
Il mondo Lgbtq si sta spendendo anche qui per il ddl Zan?
«Sì. Sosteniamo che non è una legge liberticida come la vogliono far passare, ma una legge bavaglio contro gli odiatori. Nella nostra costituzione non c’è un solo articolo che consenta di odiare e discriminare».
Eppure c’è chi, come un consigliere comunale di Potenza, s’è conquistato la scena proprio tuonando contro «l’amore gay contro natura». Una deriva casuale?
«Era la voce di un singolo alla quale abbiamo reagito fortemente. Adesso proprio dal Comune è venuto un segnale di apertura. La panchina arcobaleno che inaugureremo ne è la dimostrazione».
Quindi tastando il polo all’intollerazna, il futuro fa meno paura con giornate come quella di ieri?
«Guardi, la singola giornata può contribuire, ma la costruzione di un percorso è fatto di tanti momenti. Due anni fa abbiamo fatto il pride a Matera. Quel periodo, durato un mese, ha acceso le coscienze e una forte volontà di andare oltre le incomprensioni. È questo l’importante, affermare la tutela della dignità che è il filo conduttore della giornata e del nostro percorso, perché quando parlare di diritti civili, parliamo di diritti umani»
Il motivo più grosso di soddisfazione?
«Incontrare due lesbiche o due gay o due trans, che passeggiano mano nella mano senza più leggere nei loro occhi la paura. Dobbiamo lavorare ancora tanto per mettere in fuga la paura e sentirci liberi»