POTENZA - I giorni dell’emergenza raccontati dai centri d’ascolto della Caritas diocesana di Potenza. I numeri sono drammatici, tantissime le famiglie che hanno chiesto aiuto per la prima volta. I servizi non hanno subito un decremento e si sono effettuati in forme creative e inedite.
«50 giorni di emergenza sanitaria e sociale hanno trasformato il volto della società, la quotidianità e i bisogni delle famiglie. In meno di due mesi si è altrettanto trasformata l’attività della rete dei centri di ascolto Caritas, chiamata a dare risposte a fragilità inedite e, contestualmente, a intensificare i servizi di sostegno materiale ed economico per i più deboli. Un piccolo grande viaggio dentro un cambiamento d’epoca, rappresentato da incontri con diverse modalità; questi i tratti fondamentali, rinvenuti dalla mappatura delle attività, messe in campo dai 20 centri di ascolto, presenti in diocesi, che hanno risposto alle sollecitazioni del tempo, non interrompendo il loro servizio neanche per un giorno». Si apre così il report redatto dalla Caritas Diocesana di Potenza Muro Lucano Marsico Nuovo, in occasione delle ore complesse, causate dalla pandemia. «Il vero cambiamento si rintraccia nelle storie di vita incrociate – si legge ancora nel documento- il ritardo nell’erogazione dei sussidi statali e l’assenza di tutele per i lavoratori precari e in nero, hanno portato, nei centri di ascolto, famiglie e persone per le quali, fino a qualche settimana fa, sarebbe stato impensabile richiedere un aiuto; si tratta di autonomi, di piccoli artigiani, di lavoratori con contratti a termine». I dati sono davvero drammatici: «In meno di due mesi, la rete ha accolto, ascoltato e dato risposta a 884 famiglie; di esse, ben 391 finora mai conosciute. Nella sola città di Potenza, i nuclei familiari che si sono rivolti a noi per la prima volta, sono 279; complessivamente, ad oggi, sono oltre 600 quelli in carico.
L’aumento delle richieste, rispetto allo scorso anno, supera il 90% e in alcuni piccoli territori della diocesi, sfiora addirittura il 150%». «Tutti hanno richiesto un sostegno alimentare (lo scorso anno, appena il 65%); oltre il 75%, invece, un aiuto nell’orientamento ai servizi territoriali e nella compilazione di moduli e pratiche per accedere ai buoni spesa erogati dai Comuni; l’85% un sostegno economico per il pagamento di utenze domestiche e spese legate all’abitazione; il 50% delle persone ha espresso la difficoltà nel pagamento di utenze, tasse e spese relative alla propria attività commerciale». I bisogni relazionali hanno fatto registrare un aumento esponenziale, a causa dell’isolamento; oltre la metà, esplicita il senso di totale solitudine e impotenza e spesso i volontari e gli operatori hanno sottolineato come, nei colloqui telefonici, anche solo la possibilità di poter parlare con qualcuno dei propri problemi, abbia rappresentato per molti, un concreto conforto. «In una situazione di tale precarietà e mutevolezza, è risultato fondamentale fornire risposte immediate, sono stati distribuiti 1687 pacchi alimentari, oltre 1000 a Potenza e l’Emporio della Solidarietà “Don Luigi Di Liegro” ha incrementato gli accessi al servizio del 30%. Sono stati investiti € 16.500 nell’acquisto di alimenti e prodotti per l’igiene, e numerosissime sono state le donazioni, pervenute da aziende e da privati cittadini. Per quanto invece attiene il sostegno al reddito, la rete delle Caritas in diocesi ha destinato € 53.500 per l’aiuto alle famiglie in difficoltà economica, (il 70% del totale, le nuove). Sono stati, inoltre, garantiti i servizi e l’accompagnamento relativi alla povertà educativa e alla difficoltà di gestione delle piattaforme dedicate alla didattica distanza: il servizio di dopo scuola, in alcuni casi, è stato condotto telefonicamente e non di rado, sono state consegnate nella cassetta della posta, le stampe dei compiti da svolgere». Tale vicenda impone una seria riflessione e le visioni sulle strategie di approccio future devono inevitabilmente subire adeguamenti: «Sarà indispensabile valicare la sola assistenza e mettere al centro “la persona”, con l’obiettivo di restituire la speranza e il coraggio di riconquistare un dignitoso progetto di vita; occorrerà, infine, restituire centralità anche alla comunità, ricercando nuove modalità di animazione e intervento, con lo scopo di non lasciare indietro nessuno, ma soprattutto per restituire a essa il mandato della sussidiarietà e della responsabilità condivisa».