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Luigia Ierace
17 Novembre 2019
foto Tony Vece
Giuseppe Calabrese? E chi è? Peppone. Un nome che apre una finestra sul mondo dello street food. Perché basta solo il nome per identificarlo: classe ‘75, viso simpatico, sempre sorridente, occhi curiosi e immancabile salopette di jeans e un’infinita passione per la cucina. Peppone è Peppone non solo a Potenza, ma da quel Capodanno Rai di tre anni fa lo è anche in Italia. E con lui anche la sua città, il territorio, la Basilicata e la gente lucana è riuscita ad entrare nelle case degli italiani. E sicuramente continuerà ad avere un ruolo da protagonista al fianco di Amadeus che tornerà quest’anno a presentare l’evento sul palco di Potenza.
Un vip nato in casa nostra, proprio in quelle fredde giornate invernali di fine dicembre 2016 mentre la città era in fermento per l’arrivo della carovana Rai dell’«Anno che verrà»?
«Un capodanno che ha cambiato tutto. La mia vita del resto è fatta di piccoli eventi che l’hanno cambiata ogni volta. È stato così quando ho cominciato a lavorare al Cnr. Un incontro casuale in un bar di Siena con un dirigente del centro di ricerca. “Ma come fa uno studente del Sud a conoscere così bene i senesi e ad essere così integrato nel territorio? È nata così la collaborazione con un progetto di ricerca».
Ma cosa gli aveva risposto?
«Ho detto che bastava stare a cuore scalzo nelle relazioni».
Cosa significa?
«È un’espressione meravigliosa. Significa che devi mettere tutto te stesso senza abiti diversi da quello che sei. Essere genuino, non cercare di apparire diverso».
Ma torniamo al Capodanno di tre anni fa...
«Anche lì il solito casuale incontro. Francesca Barra che girava le clip promozionali della regione per lo show di Capodanno, arrivò nel mio bistrot Cibò, con un signore. Mi sono avvicinato a lui, in un attimo che era rimasto solo al tavolino. Ci siamo messi a chiacchierare sulla mia ricerca. Era un dirigente delle Rai e parlando mi ha detto che il giorno dopo doveva tornare a Roma in treno. “Anche io vado a Roma, ma in macchina, vuoi venire con me?”.
Ha accettato l’invito?
«Siamo partiti insieme e durante il viaggio abbiamo cominciato a conoscerci. Ha poi portato registi, autori del Capodanno nel mio locale».
Poi è calato il sipario e tutto è tornato nella quotidianità?
«Così sembrava, Quando capitò che “La prova del cuoco” con la Clerici aveva bisogno di inviati esterni».
E qui scatta la macchina dei “ritorni” delle reti di relazione generate proprio dal Capodanno?
«Un’autrice del programma ha consigliato al capo struttura Angelo Mellone di essere io l’inviato alla Prova del cuoco. Ho fatto un provino e per un anno ha curato la rubrica dedicata allo street food de La Prova del Cuoco scrivendo sempre ad una fantomatica fidanzata in quale zona dell’Italia si trovava»
Cosa era per te il Capodanno in tv prima del 2017?
«Era un momento di sottofondo al cenone, un modo per fare il countdown prima di stappare la bottiglia».
E quando ha saputo che arrivava a Potenza?
«Ero felice per la scelta. Eccitato per la città e curioso di capire come Potenza potesse comportarsi».
Non pensava che potesse cambiare la sua vita?
«Ha confermato le mie tesi sull’evolversi della vita. C’è una canzone di Finardi che dice che bisogna avere “una finestra sempre aperta per chi sa volare che da noi possa arrivare a riposare”. Finestre aperte, aggiungo, che devono essere anche trampolino di lancio per iniziare a volare. E per rimanere in tema di citazioni voglio ricordare una frase di Davide Riondino: “Se c’è qualcosa prendila non ti far pregare sarebbe imperdonabile potere e non provare».
E Peppone ha continuato a provare?
«Ho partecipato a 4 stagioni di linea verde come gastronomo e come colui che racconta il valore antropologico del cibo. Poi è arrivato il Grand Tour di Linea Verde con Lorella Cuccarini e Angelo Mellone».
Ma dalla tv sei diventato ambasciatore della Basilicata, che non manca mai in ogni tua uscita televisiva.
«Sono orgoglioso di essere lucano e cerco sempre di parlare della mia terra in ogni contesto dove intervengo. Voglio ricordare che mercoledì sera sarò ospite ai Soliti Ignoti come vip. Non posso anticipare nulla sulla trasmissione che non è ancora andata in onda. Ma è stato bello che Amadeus appena mi ha visto si è ricordato di Cibò e mi ha ricordato il fermento dei giorni di Capodanno quando registi, attori, autori venivano a mangiare. La rivoluzione della mia vita è nata proprio in quella circostanza».
Ma qual è il segreto del tuo successo?
«Parlare di me è difficile. Io sono così. E non tutti lo sanno. “Ma tu sei proprio così”, mi dicono quando mi conoscono. E questo per me è il complimento più bello. In fondo, io sono un timido. Sono curioso di tutto: del tempo, della natura, delle persone, del carattere. Mi pace saper tutto delle storie delle persone che incontro. Sono come un bambino. Qualunque cosa mi affascina».
Ma torniamo al Capodanno. Qual è la tua ricetta per il cenone?
«Capodanno è la festa e per me la festa è lo strascinato che si mangiava la domenica da nonna Concetta. Per me non è domenica se non c’è lo strascinato. E adesso che mia madre e mia moglie non lo sanno fare c’è lo strascinato di zia Anna».
Lo show della Rai torna a Potenza quali potranno essere gli effetti?
«Si muove una macchina importante. Lo pensano tutti gli operatori del settore. E questo è un ritorno. Può essere un volano, ma dobbiamo essere bravi. La proposta turistica deve essere alta. Ogni paese deve puntare su qualità ed eccellenza, deve crescere e acquisire competenze. Ho una mia idea sull’agricoltura e sul ritorno ai borghi. Noi abbiamo la ricetta della felicità. Siamo 600mila abitanti e abbiamo dentro di noi la gestione delle relazioni corte che consentono che l’affettività venga coltivata».
In che senso?
«Nel borgo c’è l’artigianato, l’agricoltura e c’è l’affettività. E affettività vuol dire felicità. È una fortuna poterla coltivare ed alimentare. Nei borghi si sta bene, insomma, si può riprendere la comunità e la gioia. Via ogni forma di invidia e di egoismo».
E per finire, chi vorresti sul palco la notte di Capodanno a Potenza?
«Avrei voluto sul palcoscenico “Civuddino”, il vero simbolo della città di Potenza, recentemente scomparso. Nella notte dell’Anno che verrà a Potenza vorrei Vasco Rossi, mi auguro di incontrarlo presto. È uno dei vip che mi manca».
E il tuo piatto per i vip?
«L’erba misca, le nostre erbette di campo saltate in padella».
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