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Per Bruxelles «solo» 84 milioni di fondi illegali

BRUXELLES - L’Italia dovrà recuperare dall’Ilva 84 milioni di euro di aiuti di Stato illegali, sugli oltre 2 miliardi di interventi messi in campo dal Governo italiano dal 2014. Una cifra che lascia il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda molto soddisfatto, e che mette fine all’indagine approfondita che la Commissione europea aveva aperto a gennaio 2016. Restano ora aperte la procedura per aver disatteso le norme ambientali, di fatto in stand-by in attesa della vendita, e l’esame dell’operazione di fusione con Arcelor Mittal, che deve terminare entro il 4 aprile 2018. Intanto, domani al Mise è stato convocato un nuovo tavolo per riprendere la discussione con i sindacati sul piano industriale dell’acquirente, mentre Bruxelles invita a procedere senza ritardi nell’operazione di bonifica.

L’indagine della Commissione riguardava cinque misure di sostegno, per un totale di 2,4 miliardi. Soltanto due interventi «hanno conferito all’Ilva un vantaggio indebito», nel 2015, cioè nel periodo dell’apertura della procedura d’insolvenza. Illegali sono le condizioni finanziarie di una garanzia statale su un prestito di 400 milioni di euro e di un prestito pubblico di 300 milioni. «Tali importi sono stati utilizzati per finanziare il fabbisogno di liquidità dell’Ilva relativo alle sue attività commerciali e non per sopperire ai costi della bonifica ambientale. Entrambe le misure sono state concesse a condizioni più favorevoli rispetto alle condizioni di mercato e hanno avvantaggiato l’azienda rispetto agli altri produttori di acciaio dell’Ue, che devono finanziare a proprie spese le operazioni correnti e gli interventi di ristrutturazione», scrive la Ue.
L’Ilva deve ora rimborsare circa 84 milioni di euro di aiuti (interessi esclusi), corrispondenti alla differenza tra le condizioni finanziarie del prestito e della garanzia di cui ha beneficiato, e le condizioni prevalenti sul mercato. Il rimborso rimane una sua responsabilità, e non può essere trasferito al nuovo acquirente.
Per quanto riguarda però il resto del sostegno, gli oltre 2 miliardi «non si qualificano come aiuto di stato perché sono in linea con le condizioni del mercato, o perché non coinvolgono fondi pubblici». Come gli 1,1 miliardi che i proprietari dell’Ilva hanno trasferito alla società nel giugno 2017 e destinati alla bonifica.

Bruxelles riconosce poi che la procedura di vendita degli attivi di Ilva «si è svolta in modo aperto, corretto e trasparente». La «grande soddisfazione» di Calenda non è quindi solo per la cifra ridotta degli aiuti da recuperare, ma anche "per il riconoscimento che la Commissione ha voluto esprimere sulla conduzione da parte del governo italiano del processo di gara». E la ritiene «una tappa significativa di un percorso lungo e complesso per garantire il futuro del più grande sito siderurgico europeo». Da parte sua la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager ricorda che l’indagine sugli aiuti non ha intralciato in alcun modo gli interventi di bonifica che, ricorda, sono «essenziali» alla salute dei cittadini e «dovrebbero procedere senza ritardi». I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno intanto invitato a ritirare il ricorso al Tar di Lecce, invitando al «confronto» e al "negoziato», mentre il sindaco di Taranto ha rinviato a data da definirsi il tavolo locale a causa delle «strumentalizzazioni».

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